L‘aumento a 3mila euro della soglia per i pagamenti in contanti e la revisione del sistema delle sanzioni per i reati fiscali “sollevano dubbi a proposito del loro impatto sull’evasione e l’elusione”. Per di più, dai decreti attuativi della delega fiscale “sono rimasti fuori aspetti cruciali come la riforma dei valori catastali“, mentre il governo ha scelto di abolire la tassa sulla prima casa “in contrasto con l’obiettivo di allargare la base imponibile e spostare il peso dai fattori produttivi verso proprietà e consumi”. Continuano poi, come sempre, a preoccupare l’elevato debito pubblico, la bassa competitività e le inefficienze che rendono la Penisola un luogo in cui “fare business è significativamente più difficile rispetto alle altre principali economie europee”. Quanto alla spending review, rivendicata negli ultimi giorni dal governo, i progressi su questo fronte sono stati “limitati”: “Gli obiettivi di risparmio tendono ad esser sistematicamente abbassati o non raggiunti”. Sono, secondo le anticipazioni de La Stampa, alcuni dei punti principali del Country report della Commissione Ue sull’Italia che sarà inviato a Roma mercoledì, due giorni prima del vertice tra il premier Matteo Renzi e il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker.

Italia può zavorrare ripresa europea. Lotta a corruzione insufficiente – “La modesta crescita e la debolezza strutturale dell’Italia potrebbero avere conseguenze sulle altre economie europee”, rileva Bruxelles nella pagella di valutazione. Che da un lato riconosce i “progressi” fatti dal Paese grazie alle riforme del mercato del lavoro, delle banche e della scuola, dall’altro però sottolinea che i problemi non mancano e sono le solite: inefficienze amministrative, nella giustizia civile e nella lotta alla corruzione, elevata tassazione, difficoltà per chi vuole avviare un’attività imprenditoriale. E i riflessi della debolezza italiana potrebbero farsi sentire sul resto del Vecchio Continente, “impattando in modo avverso sulla ripresa europea e sul potenziale sviluppo”.

Riduzione del debito frenata da avanzo primario insufficiente – Sul fronte del debito, la Commissione sottolinea che il ritmo della sua riduzione sarà “frenato significativamente” da un avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite) in calo dal 4% del pil registrato nel 2013 al 2,4% previsto nel 2016. Se fosse a quota 2,5%, il debito impiegherebbe comunque dieci anni per arrivare al 110% del Pil. Occorre ricordare che nel 2015 il peso del debito ha toccato quota 132,8% del prodotto interno lordo e quest’anno il governo punta a ridurlo al 132,4%. Una zavorra che “ferma la crescita, limita lo spazio per gli investimenti pubblici, riduce lo spazio fiscale per rispondere agli choc e potrebbe dar luogo a un effetto valanga se i tassi di interesse supereranno significativamente quelli della crescita reale”.

Banche “esposte al rischio sovrano” – Il capitolo dedicato al settore creditizio rileva che il sistema è “ancora esposto al rischio sovrano“, vista la quantità di titoli di Stato che le banche hanno in pancia, e gli istituti “restano vulnerabili a possibili bruschi cambiamenti nel modo in cui i mercati finanziari percepiscono il rischio sovrano”, appunto. Rischio che risulterebbe moltiplicato se passasse la proposta tedesca di non considerare più i titoli del debito pubblico “risk free” per definizione, bensì attribuire a quelli dei diversi Paesi un diverso grado di rischiosità. Poi pesa, ovviamente, l’eccesso di sofferenze. 

Renzi: “Crescita bassa? Prima nel Pil erano conteggiati gli sprechi” – Renzi ha commentato a stretto giro il rapporto sostenendo, in un’intervista a Rtl 102.5, che “l’Italia nel 2012 ha fatto una crescita negativa del 2,3%, nel 2013 abbiamo fatto -1,9% e ora siamo a +0,8%”, anche se secondo l’Istat il Pil è salito lo scorso anno solo dello 0,6%. “Certo che è poco”, ha ammesso il premier”, ma l’Italia sta riducendo la spesa pubblica di 25 miliardi. Questi 25 miliardi prima andavano nel Pil. Anche se molti erano considerati sprechi, venivano conteggiati nel Pil. Ora abbiamo meno soldi da spendere, di conseguenza la crescita è più bassa degli altri”. La colpa, dunque, sarebbe di quella stessa spending review che secondo Bruxelles si è rivelata inefficace. “Non mi fa arrabbiare – ha aggiunto – che l’Ue faccia questi documenti, li fa per tutti. Ma in Italia siamo abituati a parlare male del nostro Paese. Ci sono punti di debolezza, è vero, ma li stiamo cambiando. Stiamo ripartendo”.

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