Urbano Cairo, ma anche Mediaset stanno sollevando in termini sempre più incalzanti la questione dei soldi. I “troppi” soldi che, nonostante la sensibile diminuzione, della cosiddetta “tassa più odiata dagli italiani”, si calcola che arriveranno alla Rai dal canone grazie alla esazione a mezzo bolletta elettrica che stronca la vasta e strutturale evasione.
Evidentemente non c’è un sentire comune sulle ragioni di esistenza della Rai. Di certo, quelle manifestate nei decenni dalla azienda stessa, producono “odio” anziché condivisione. Cosa non ha funzionato? Innanzitutto, diremmo, il fatto di abbinare il canone a una “linea di programmazione di Servizio Pubblico“. E perché non ha funzionato? Perché appena si fa attenzione, si constata che una tale “linea” non delimita un bel nulla, non individua alcuna specificità. I Tg sono “servizio pubblico”? Impossibile sostenerlo, visto che li producono e trasmettono anche gli operatori privati. Le telecronache di calcio, per fare un facile esempio di programmazione al servizio di passioni diffusissime, sono “servizio pubblico”? Evidentemente no, visto che le ritroviamo dovunque, sia sulle pay tv sia sulla free television. Il Festival di Sanremo è “servizio pubblico”? Evidentemente no, trattandosi di un concorso canoro dovunque imitato con vari titoli e pretesti. Milena Gabanelli, Riccardo Iacona, TV7 sono “servizio pubblico”? Evidentemente no, visto che si tratta di inchieste e nessuno penserebbe di arrogare alla sola azienda pubblica il diritto di farle.
Insomma, il servizio pubblico è tutto e nulla e rovistando nei generi della programmazione non riusciremo a delimitare alcuna specificità di “servizio pubblico”. Detto in altro modo, una azienda televisiva di Servizio Pubblico (notate le maiuscole) ha una linea editoriale, della quale chiunque può discutere, ma non è “una linea editoriale”.
E allora a che serve, in Italia e altrove? A un fine essenziale, che gli inglesi, inventori della tassa-canone, raccontano più schiettamente degli altri: per proteggere e sviluppare la capacità nazionale di produrre comunicazione rispetto ai meccanismi del mercato globale che tenderebbero a lasciar scorrere di Paese in Paese solo i prodotti realizzati dal Paese più ricco, in concreto dagli Usa. Una scelta che risale agli anni ’20, quando si stava affermando la radio, e che poi è stata, a maggior ragione, mantenuta con la televisione. E che è particolarmente valida oggi, pensando che proprio l’industria dell’intrattenimento offre alle popolazioni dei paesi post industriali posti di lavoro adeguati al livello culturale delle giovani generazioni.
Se ne potrebbe parlare in modo disteso, non fosse che in Italia, e solo in Italia, la questione è complicata dal fatto che la Rai contiene un peculiare elemento di confusione. Non perché incassa oltre al canone anche cospicui ricavi dalla pubblicità, ma perché li mischia nella stessa cassa anziché praticare l’apartheid finanziario: da una parte le piattaforme che vivono del canone; dall’altra quelle che campano di pubblicità. Senza sovvenzioni incrociate. Mischiando e confondendo si espone così alla doppia accusa di praticare il dumping (vendite sottocosto) quando vende gli spot e di de-motivare la sovvenzione pubblica mettendola al rimorchio del marketing pubblicitario.
“Così stanno le cose”, direbbe il giornalista americano Cronkite. Il resto è fuffa, aggiungiamo noi.
Sciò Business
La7 e Mediaset contro il canone Rai. Serve? Sì. Ma perché mescolarlo alla pubblicità?
Urbano Cairo, ma anche Mediaset stanno sollevando in termini sempre più incalzanti la questione dei soldi. I “troppi” soldi che, nonostante la sensibile diminuzione, della cosiddetta “tassa più odiata dagli italiani”, si calcola che arriveranno alla Rai dal canone grazie alla esazione a mezzo bolletta elettrica che stronca la vasta e strutturale evasione.
Evidentemente non c’è un sentire comune sulle ragioni di esistenza della Rai. Di certo, quelle manifestate nei decenni dalla azienda stessa, producono “odio” anziché condivisione. Cosa non ha funzionato? Innanzitutto, diremmo, il fatto di abbinare il canone a una “linea di programmazione di Servizio Pubblico“. E perché non ha funzionato? Perché appena si fa attenzione, si constata che una tale “linea” non delimita un bel nulla, non individua alcuna specificità. I Tg sono “servizio pubblico”? Impossibile sostenerlo, visto che li producono e trasmettono anche gli operatori privati. Le telecronache di calcio, per fare un facile esempio di programmazione al servizio di passioni diffusissime, sono “servizio pubblico”? Evidentemente no, visto che le ritroviamo dovunque, sia sulle pay tv sia sulla free television. Il Festival di Sanremo è “servizio pubblico”? Evidentemente no, trattandosi di un concorso canoro dovunque imitato con vari titoli e pretesti. Milena Gabanelli, Riccardo Iacona, TV7 sono “servizio pubblico”? Evidentemente no, visto che si tratta di inchieste e nessuno penserebbe di arrogare alla sola azienda pubblica il diritto di farle.
Insomma, il servizio pubblico è tutto e nulla e rovistando nei generi della programmazione non riusciremo a delimitare alcuna specificità di “servizio pubblico”. Detto in altro modo, una azienda televisiva di Servizio Pubblico (notate le maiuscole) ha una linea editoriale, della quale chiunque può discutere, ma non è “una linea editoriale”.
E allora a che serve, in Italia e altrove? A un fine essenziale, che gli inglesi, inventori della tassa-canone, raccontano più schiettamente degli altri: per proteggere e sviluppare la capacità nazionale di produrre comunicazione rispetto ai meccanismi del mercato globale che tenderebbero a lasciar scorrere di Paese in Paese solo i prodotti realizzati dal Paese più ricco, in concreto dagli Usa. Una scelta che risale agli anni ’20, quando si stava affermando la radio, e che poi è stata, a maggior ragione, mantenuta con la televisione. E che è particolarmente valida oggi, pensando che proprio l’industria dell’intrattenimento offre alle popolazioni dei paesi post industriali posti di lavoro adeguati al livello culturale delle giovani generazioni.
Se ne potrebbe parlare in modo disteso, non fosse che in Italia, e solo in Italia, la questione è complicata dal fatto che la Rai contiene un peculiare elemento di confusione. Non perché incassa oltre al canone anche cospicui ricavi dalla pubblicità, ma perché li mischia nella stessa cassa anziché praticare l’apartheid finanziario: da una parte le piattaforme che vivono del canone; dall’altra quelle che campano di pubblicità. Senza sovvenzioni incrociate. Mischiando e confondendo si espone così alla doppia accusa di praticare il dumping (vendite sottocosto) quando vende gli spot e di de-motivare la sovvenzione pubblica mettendola al rimorchio del marketing pubblicitario.
“Così stanno le cose”, direbbe il giornalista americano Cronkite. Il resto è fuffa, aggiungiamo noi.
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato alla Cbs che ci sarà un aumento dei casi di detenzione simili a quello del manifestante filo-palestinese Mahmoud Khalil. "Ogni giorno, ormai - ha aggiunto - approviamo revoche di visti e anche di Green Card".
"Devi fare certe dichiarazioni", ha spiegato a proposito dei non cittadini che arrivano negli Stati Uniti. "Se ci dici, quando fai domanda per un visto, che stai arrivando negli Stati Uniti per partecipare a eventi pro-Hamas che vanno contro gli interessi della politica estera... Se ci avessi detto che lo avresti fatto, non ti avremmo mai dato il visto".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - Hezbollah ha condannato in una dichiarazione gli attacchi americani contro obiettivi Houthi nello Yemen. "Affermiamo la nostra piena solidarietà nei confronti del coraggioso Yemen e chiediamo a tutti i popoli liberi del mondo e a tutte le forze di resistenza nella nostra regione e nel mondo di unirsi per contrastare il progetto sionista americano contro i popoli della nostra nazione", ha scritto in una nota il Partito di Dio.
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.