La scelta di Domenico Campa, 35 anni, di lasciare Lecce è stata azzeccata: dopo il dottorato è diventato assistant professor in contabilità, un ruolo stabile e di prestigio. Ma l'aspetto economico non è sempre migliore rispetto a quello del suo paese d'origine. Perché "è vero che i salari sono più alti e la busta paga è maggiore". Ma, aggiunge, "solo a livello nominale"
“Molto spesso solo quando si è al di fuori si apprezzano tante cose che in Italia sono più funzionali rispetto ad altre nazioni”. La scelta di Domenico Campa, 35 anni, di fare le valigie e lasciare il nostro Paese è stata un successo: partito da Lecce per studiare a Milano, si è poi trasferito in Irlanda dove, alla fine di un dottorato, gli è stata offerta una cattedra da assistant professor in contabilità, un ruolo stabile e di prestigio. Eppure questo non basta a convincere il professore che fuori dai confini italiani sia tutto rose e fiori: “È come essere su una bilancia: non è detto che penda tutta da una parte”, afferma. Proprio i tanti anni passati sotto il cielo d’Irlanda lo hanno portato a pensare che vivere all’estero abbia senza dubbio dei vantaggi, ma che non sia l’Eldorado. Tanti i motivi. A sorpresa, il primo è l’aspetto economico. Non è totalmente esatto dire, per esempio, che gli stipendi siano maggiori di quelli italiani.
“La mia esperienza mi porta a parlare di Dublino – spiega Domenico -. Qui è vero che i salari sono più alti e la busta paga è maggiore del corrispettivo italiano, ma solo a livello nominale. Si deve dire che il salario è maggiore perché il datore di lavoro deve dedurre solo le imposte cosiddette Paye (Pay as you earn, ndr), corrispondenti alla nostra Irpef; il Prsi (Pay related social insurance, ndr) e l’Usc (Universal social charge, un’imposta sul reddito lordo introdotta nel 2011, ndr). Ma questo non è un vantaggio per dire che si guadagna di più. Da questo maggiore stipendio netto si devono poi sottrarre alcune cose: ad esempio una pensione privata integrativa, che non è obbligatoria ma è sicuramente un’assicurazione sul futuro. Altrimenti, indipendentemente dal salario e dal tipo di lavoro, il governo irlandese garantisce la pensione minima che però si aggira intorno agli 800 euro”. A noi italiani può sembrare molto, ma Domenico assicura: “Sono pochi per vivere qui”.
Lo stesso sistema vale per l’assicurazione sanitaria. “Viene tolto pochissimo dalla busta paga – specifica Domenico -, ma se si va dal medico lamentando un raffreddore, si deve mettere in preventivo di sborsare almeno 70 euro ogni volta. Mentre il nostro medico di famiglia è gratuito. E poi in Italia c’è un maggiore di sostegno sanitario agli indigenti”. Altro capitolo: gli affitti. “Costosi, e per una qualità non alta. Gli appartamenti offerti in Italia sono sicuramente superiori rispetto a ciò che si trova in Irlanda”. Una menzione speciale è quella per il trasporto pubblico, spesso fonte di polemiche in Italia, simbolo di efficienza altrove. Ma a un costo: “Un abbonamento annuale a Dublino costa 1320 euro, a Milano 330. Sono 900 euro di differenza”. Se poi si fanno i conti anche con un costo della vita molto alto, la differenza tra le buste paga viene pian piano erosa: “È vero quindi che tra uno stipendio italiano e uno irlandese ci può essere una differenza di 1000 euro. Poi, però, analizzando nel dettaglio, la vera differenza sarà di 200 euro”. Insomma, non è tutto oro quello che luccica, almeno per quanto riguarda la questione economica. “Ci sono molti aspetti da analizzare prima di dire che si guadagna di più”.
Diverso il discorso quando si toccano le corde delle opportunità offerte. Un altro mondo. “Sotto questo punto di vista l’Italia ti trascura un po’ – ammette il professore -. In Irlanda subito dopo il dottorato ho ricevuto una proposta di lavoro stabile come professore, in Italia danno i soliti assegni di ricerca. Qui mi hanno dato subito fiducia, mentre a casa non credo che sarei diventato un docente universitario”. Troppe le logiche a cui dover sottostare: “Meccanismi a cui anche adesso avrei paura di tornare”, specifica.
Ora Domenico ha fatto nuovamente le valigie: vive in Francia e lavora, sempre come professore, nel Principato di Monaco. L’Italia, distante pochi chilometri, sembra lontana: “Io ho deciso di partire per motivi di crescita personale e professionale. E lo rifarei, ho cambiato il mio modo di pensare e mi ha permesso di avere grandi opportunità. Ma non sono assolutamente più ricco di chi fa il mio stesso lavoro in Italia”.