“Il complesso termale, tra i più importanti della Sardegna, gravita sul sito urbano di “Forum Traiani”. Le antiche “Aquae Ypsitanae”, si dispongono su vari livelli e sono composte da due stabilimenti: il primo, a nord, del I sec. d.C.; il secondo, a sud, del III sec. d.C.”
Così vengono descritte nel sito della Regione, SardegnaCultura, le terme romane di Fondorgianus nell’alto Oristanese, sulla riva sinistra del fiume Tirso. Ampie piscine rettangolari, vasche quadrangolari, una piazza lastricata e poi un “apodyterium”, un “frigidarium” un “tepidarium” e un “calidarium” e molto altro.
Un sito senz’altro da visitare. Un luogo della Cultura per turisti curiosi ma anche per semplici appassionati. Almeno finora. Già, perché dopo l’iniziativa di due società sarde, Oggi Sposi & Events e Shardana Tourism Lab, le terme entrano nel circuito delle cerimonie nuziali, diventando il set fotografico per raccontare il giorno del “sì”. Non più la location occasionale per l’“evento indimenticabile”, come sperimentato altrove. Molto di più. Istituzionalizzata la fruizione, contando sulla collaborazione dell’Amministrazione comunale di Fordongianus, della Soprintendenza archeologica della Sardegna e della Cooperativa Forum Traiani.
Un’operazione studiata, a quanto sembra. Verificando le potenzialità del turismo nuziale. Oltre un milione e 221 mila le presenze da venticinque nazioni, per un fatturato di circa 315 milioni di euro. Queste le cifre che, secondo una ricerca della JFC Tourism & Management, il turismo per matrimoni ha prodotto in un anno in Italia. Insomma un affare. Almeno per le due società. Su questo pochi dubbi. Più indirettamente anche per il Comune che “ha sposato quest’iniziativa ritenendola utile per promuovere l’immagine del territorio associata al mondo dei matrimoni e per auspicare l’aumento dei flussi turistici che questo tipo di viaggi può determinare”, hanno dichiarato le promotrici dell’iniziativa.
Semmai le perplessità nascono su altre questioni. Tutt’altro che marginali. Come conoscere quale sia l’“utile” per Soprintendenza archeologica. Ma anche sapere come si coniugheranno le esigenze di utilizzo dell’area con quelle legate alla fruizione. Già la fruizione, come in molti altri casi. Il nodo è quello. Perché il timore che la questione si risolva con chiusure fuori programma appare fondato. Che siti archeologici, spazi museali e Palazzi storici debbano essere luoghi vitali, per le cui spese di manutenzione si può ricorrere ai proventi di affitti, programmati e non in contrasto con il loro decoro, si può essere d’accordo. Ma insopportabile dovrebbe risultare a chi consideri la fruizione del patrimonio artistico un imprescindibile punto fermo, la loro apertura vincolata alla presenza di eventi. Anche perché quando ciò si dovesse verificare si sarebbe davvero stravolto la funzione naturale del sito. Da contenuto a semplice contenitore. E in quel caso non ci sarebbe utile capace di compensare la perdita.