Le missive incendiarie - probabilmente di matrice anarco-insurrezionalista - intercettate tra il 20 e il 22 febbraio. Tutte erano partite dal capoluogo piemontese. Una quinta lettera, di rivendicazione, intercettata a Bologna
Quattro buste gialle più o meno identiche, tutte contenenti un innesco e una piccola quantità di polvere pirica, capace, secondo gli inquirenti, di ferire, ma non di uccidere. Erano indirizzate a ditte che lavorano o collaborano con i cinque Cie italiani, i centri di identificazione e di espulsione, le missive incendiarie – probabilmente di matrice anarco-insurrezionalista – intercettate a Torino, a Bari e a Bologna, tra il 20 e il 22 febbraio. La prima delle quattro lettere esplosive, partite tutte, secondo la Digos, dal capoluogo piemontese, è stata aperta dagli impiegati dell’agenzia delle Assicurazioni Generali di Palazzo Granerdi a Torino che nel vedere i fili collegati all’innesco – una batteria – l’hanno gettata a terra, senza causare alcuna esplosione.
E sempre il 20 febbraio scorso sono state intercettate altre due delle 4 buste gialle, destinate – come riportato dalla stampa torinese – alle agenzie marittime Asco di Bari, e Morfini di Molfetta, sempre iscritte alla lista delle realtà che collaborano con i centri di identificazione della Penisola, mentre lunedì 22, al centro meccanografico postale di Bologna, dove viene smistata la corrispondenza, è stata sequestrata la quarta missiva. Era indirizzata a una ditta pugliese, anch’essa iscritta nell’elenco dei fornitori dei Cie per lo Stato, ma il plico ha insospettito gli addetti ai lavori, che l’hanno esaminato e passato al radiogeno, trovando all’interno polvere da sparo. A rivendicare la lettera incendiaria sarebbe una missiva intercettata nella notte sempre a Bologna, partita questa volta dalla periferia capoluogo emiliano romagnolo, indirizzata, secondo quanto scritto con un normografo sulla busta di carta, alla redazione romana di Repubblica. All’interno, un testo con riferimenti alla ripresa della campagna contro i centri di identificazione e di espulsione.
Già il 28 maggio del 2015 altre due buste incendiarie, sempre indirizzate ad aziende impegnate con i centri di identificazione ed espulsione, questa volta piemontesi, erano state intercettate dagli inquirenti. All’interno erano stati rinvenuti 30 grammi polvere da sparo, fili elettrici e mini-batterie. Tutto il necessario, quindi, per provocare una fiammata in caso quelle lettere fossero state aperte da una mano non esperta. “Un attentato contro i lavoratori”, secondo il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini, delegato ai rapporti con la stampa. A preoccupare maggiormente gli investigatori, tuttavia, fu il ritrovamento, su in sito web di area antagonista, di un documento intitolato: “I Cie si chiudono con il fuoco. I Cie sono ogni ditta, ente o persona che collabora con la sofferenza e la reclusione dei senza documenti”. Nel file, pubblicato il 27 maggio scorso, nelle stesse ore in cui venivano spediti i plichi diretti a Bologna e a Torino, compariva l’elenco delle ditte che lavorano con Cie di tutta Italia.