Negli ultimi giorni il cielo della capitale è velato da nuvole di incertezza, provocate dall’esclusione di Francesco Totti dai convocati per la partita di calcio contro il Palermo.
Per chi avesse passato il fine settimana fuori dal sistema solare, questo è accaduto in seguito a un’intervista rilasciata al Tg1 nella quale il Capitano lamentava una certa mancanza di rispetto da parte dell’allenatore, Luciano Spalletti, reo di non tenerlo abbastanza in considerazione malgrado il recupero dall’ultimo infortunio. Non starò certo qui ad approfondire una questione in merito alla quale ogni mia opinione sarebbe totalmente inutile e fuori posto, ma tanto e tale è l’affetto che nutro per entrambi questi protagonisti della mia passione calcistica che salterò direttamente al punto al quale volevo arrivare, senza dilungarmi.
Rispetto o no, tutti ormai sappiamo che la carriera del Capitano è quasi arrivata alla fine, anche se sono anni che elaboriamo questo distacco, domandandoci quando dovremo accettare definitivamente questo “abbandono”, la cui attesa è stata scandita dalla tristezza per il progressivo avvicinarsi dell’ineluttabile, ma anche dall’entusiasmo nei confronti del mitologico eroe del pallone italiano, capace di infrangere ogni record, superare ogni scetticismo, rialzarsi dopo ogni calcione.
Per aiutarmi e aiutare quelli che avessero bisogno di un vademecum sentimentale verso i titoli di coda di questa versione sportiva di Viale del Tramonto, vorrei quindi consigliare a tutti, financo ai protagonisti di questa vicenda, la lettura dell’esaltante Il secondo tempo, brillante biografia di un’altra straordinaria leggenda del calcio contemporaneo, il grande Roy Keane.
Questo libro appassionante edito da Guanda e scritto a quattro mani col divertentissimo filtro di Roddy Doyle, racconta gli ultimi giorni da campione dello storico capitano del Manchester United e della Nazionale Irlandese che, dopo una lunga militanza all’Old Trafford, viene improvvisamente allontanato proprio per una serie di dichiarazioni poco fortunate, o montate male, o interpretate con pregiudizio o forse cavalcate per dare un taglio a una collaborazione inadeguata a una progettazione a lungo termine, aiutandoci a scoprire la vita di un campione prima e dopo il momento fatidico dell’attaccare gli scarpini al chiodo. Un momento umano, fatto di nostalgia, rammarico, impotenza. Con l’eco degli spalti nelle orecchie e sotto i piedi scampoli di gloria a palate.
Roy Keane ci fa scoprire cosa succedeva dentro gli spogliatoi nei quali militavano i grandi campioni che hanno colpito e, nel caso dei suoi compagni più giovani, ancora colpiscono l’immaginario della mia generazione, rivelati come persone e non come celebrità. Persone che stavano bene e male, con problemi personali, vizi tenuti nascosti, privilegi garantiti da simpatie, pigrizie, meschinità.
Insomma, un bel giro di pettegolezzi calcistici raccontati con spirito e dovizia di particolari, ma che riportano a una dimensione umana miti come Vieira, Scholes o Cristiano Ronaldo.
La lettura di questo libro mi ha intrigato moltissimo, non solo per la scrittura piacevole e accattivante, ma soprattutto per la normalità con la quale Keane e Doyle hanno saputo incorniciare momenti, personaggi e situazioni, fino a cancellare il trauma personale, facendo di quel distacco un momento catartico tra due dimensioni dell’esistenza.
E così l’irlandese fumantino ci racconta della vita dopo il calcio, del ribaltamento del rapporto professionale coi calciatori nel momento in cui accetta di diventare allenatore, delle perplesse comodità di un ruolo da commentatore, e di una vita più monotona e meno redditizia, fatta però di più tempo libero, di occasioni per stare con i figli, di una noia che in fondo si può mandare a braccetto con gli acciacchi.
Leggetelo tutti e leggetelo bene, soprattutto voi che, come me, siete cresciuti nell’affetto per il ragazzo di Porta Metronia, ultimo esemplare del calcio delle bandiere, e testimone eterno di quel messaggio di calcio come esperienza accomunante che risalta tanto nelle opere di Vittorio Sereni quanto in quelle di Antonello Venditti.
Augurandoci di vedere, tra pochi giorni, il Capitano che abbraccia Spalletti dopo una tripletta al Santiago Bernabeu.
Marco Mogetta
Libraio
Cultura - 23 Febbraio 2016
Totti, per superare il trauma da scarpini al chiodo c’è ‘Il secondo tempo’
Negli ultimi giorni il cielo della capitale è velato da nuvole di incertezza, provocate dall’esclusione di Francesco Totti dai convocati per la partita di calcio contro il Palermo.
Per chi avesse passato il fine settimana fuori dal sistema solare, questo è accaduto in seguito a un’intervista rilasciata al Tg1 nella quale il Capitano lamentava una certa mancanza di rispetto da parte dell’allenatore, Luciano Spalletti, reo di non tenerlo abbastanza in considerazione malgrado il recupero dall’ultimo infortunio. Non starò certo qui ad approfondire una questione in merito alla quale ogni mia opinione sarebbe totalmente inutile e fuori posto, ma tanto e tale è l’affetto che nutro per entrambi questi protagonisti della mia passione calcistica che salterò direttamente al punto al quale volevo arrivare, senza dilungarmi.
Rispetto o no, tutti ormai sappiamo che la carriera del Capitano è quasi arrivata alla fine, anche se sono anni che elaboriamo questo distacco, domandandoci quando dovremo accettare definitivamente questo “abbandono”, la cui attesa è stata scandita dalla tristezza per il progressivo avvicinarsi dell’ineluttabile, ma anche dall’entusiasmo nei confronti del mitologico eroe del pallone italiano, capace di infrangere ogni record, superare ogni scetticismo, rialzarsi dopo ogni calcione.
Per aiutarmi e aiutare quelli che avessero bisogno di un vademecum sentimentale verso i titoli di coda di questa versione sportiva di Viale del Tramonto, vorrei quindi consigliare a tutti, financo ai protagonisti di questa vicenda, la lettura dell’esaltante Il secondo tempo, brillante biografia di un’altra straordinaria leggenda del calcio contemporaneo, il grande Roy Keane.
Questo libro appassionante edito da Guanda e scritto a quattro mani col divertentissimo filtro di Roddy Doyle, racconta gli ultimi giorni da campione dello storico capitano del Manchester United e della Nazionale Irlandese che, dopo una lunga militanza all’Old Trafford, viene improvvisamente allontanato proprio per una serie di dichiarazioni poco fortunate, o montate male, o interpretate con pregiudizio o forse cavalcate per dare un taglio a una collaborazione inadeguata a una progettazione a lungo termine, aiutandoci a scoprire la vita di un campione prima e dopo il momento fatidico dell’attaccare gli scarpini al chiodo. Un momento umano, fatto di nostalgia, rammarico, impotenza. Con l’eco degli spalti nelle orecchie e sotto i piedi scampoli di gloria a palate.
Roy Keane ci fa scoprire cosa succedeva dentro gli spogliatoi nei quali militavano i grandi campioni che hanno colpito e, nel caso dei suoi compagni più giovani, ancora colpiscono l’immaginario della mia generazione, rivelati come persone e non come celebrità. Persone che stavano bene e male, con problemi personali, vizi tenuti nascosti, privilegi garantiti da simpatie, pigrizie, meschinità.
Insomma, un bel giro di pettegolezzi calcistici raccontati con spirito e dovizia di particolari, ma che riportano a una dimensione umana miti come Vieira, Scholes o Cristiano Ronaldo.
La lettura di questo libro mi ha intrigato moltissimo, non solo per la scrittura piacevole e accattivante, ma soprattutto per la normalità con la quale Keane e Doyle hanno saputo incorniciare momenti, personaggi e situazioni, fino a cancellare il trauma personale, facendo di quel distacco un momento catartico tra due dimensioni dell’esistenza.
E così l’irlandese fumantino ci racconta della vita dopo il calcio, del ribaltamento del rapporto professionale coi calciatori nel momento in cui accetta di diventare allenatore, delle perplesse comodità di un ruolo da commentatore, e di una vita più monotona e meno redditizia, fatta però di più tempo libero, di occasioni per stare con i figli, di una noia che in fondo si può mandare a braccetto con gli acciacchi.
Leggetelo tutti e leggetelo bene, soprattutto voi che, come me, siete cresciuti nell’affetto per il ragazzo di Porta Metronia, ultimo esemplare del calcio delle bandiere, e testimone eterno di quel messaggio di calcio come esperienza accomunante che risalta tanto nelle opere di Vittorio Sereni quanto in quelle di Antonello Venditti.
Augurandoci di vedere, tra pochi giorni, il Capitano che abbraccia Spalletti dopo una tripletta al Santiago Bernabeu.
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Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Da due o tre giorni avevamo capito che eravamo quasi arrivati alla conclusione di questa vicenda". Lo ha detto Antonio Tajani a Porta a Porta sulla liberazione di Cecilia Sala.
"Stamattina l'ambasciarice è andata al carcere per la visita consolare e le hanno detto la visita è annullata per una buona notizia, l'ambasciarice ha capito e mi ha telefonato", ha raccontato il ministro degli Esteri spiegando tra l'altro: "Anche la famiglia è stata eccezionale, la mamma e il papà ci hanno dato una mano".
"La Santa Sede non ha dato una mano in maniera operativa ma c'è sempre stato sostegno. Ma non c'è stato un intervento del Vaticano", ha spiegato Tajani.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Fermo restando che la mia posizione di condanna è assoluta per alcuni gesti apologetici, avendo conosciuto quei ragazzi, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, i primi due uccisi da terroristi ai quali non si è mai dato un nome, esprimo il rammarico per il fatto che la Procura della Repubblica di Roma in 45 anni non abbia mai aperto una seria inchiesta sulla strage di Acca Larenzia". Il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, intervenendo nell’aula del Senato.
"Noi chiediamo la verità su tante vicende italiane. Nei giorni scorsi, si è saputa una possibile verità sull’omicidio di stampo mafioso di Piersanti Mattarella a Palermo. Ma sulla strage di Acca Larenzia le tracce ci sono, perché la mitraglietta Skorpion che uccise Bigonzetti e Ciavatta poi è stata utilizzata anche successivamente dalle Brigate Rosse -ha detto ancora Gasparri-. Quelli che ieri, sbagliando, hanno fatto i saluti romani non inneggiavano alle Brigate Rosse ma ricordavano, con una ritualità che io non condivido, dei militanti di un partito politico, non di terroristi".
"Mentre le Brigate Rosse sono quelle che hanno usato la mitraglietta Skorpion per uccidere Bigonzetti e Ciavatta, poi Lando Conti, ex sindaco di Firenze, e il professor Ruffilli che era un professore impegnato nella Democrazia Cristiana. Quindi quell'arma e chi l’ha usata è transitato nelle Brigate Rosse", ha proseguito l'esponente di FI.
(Adnkronos) - "Basterebbe un’inchiesta per capire quali gruppi della periferia di Roma sud e dell’estrema sinistra hanno fatto questo transito. C’è un libro di un giornalista che si chiama Nicola Rao che ha descritto queste vicende ed è una vergogna che la Procura della Repubblica di Roma non abbia mai fatto un'inchiesta seria. Io l'ho detto pubblicamente a Lo Voi e lo dico a tutti i Procuratori del passato. La magistratura evidentemente non ha voluto la verità su quella vicenda. Protesto, quindi, per le verità mancate di una pagina di storia italiana tragica", ha concluso Gasparri.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Ho voluto partecipare in collegamento all'evento 'Comunità democratica' perché il partito cattolico è anacronistico, c'è bisogno di cominciare a discutere largamente di politica, di programmi, a far partecipare le persone e soprattutto di far diminuire l'astensione". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"C'è bisogno di cominciare a discutere, sono due anni che non si fa nel Paese. Queste iniziative sono benedette, penso che Schlein lo sappia", ha aggiunto Prodi proseguendo: "Deciderà Ruffini se entrare in politica o no. E' un uomo di qualità e dipenderà dalla rete che riuscirà a costruire. E' stato talmente bravo a combattere l'evasione fiscale che il Paese gli dovrebbe essere grato".
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Trump non vuole l'Europa coesa. Tratta Paese per Paese ed esercita su ciascuno una pressione particolare. Il problema è che Meloni non può essere portavoce o simbolo dell'Europa unita, Trump non lo permetterà mai". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Trump e Musk ne dicono di tutti i colori e attaccano dall'interno i Paesi intervenendo; è il solito quadro: Trump imprevedibile. Prevedo un grande cambiamento. E' finita la globalizzazione economica e Trump tenta quella politica: l'intervento negli affari interni di tutti i Paesi", ha aggiunto.
"La cosa strana è che mentre oggi c'è stata una reazione dell'Onu sulle sue dichiarazioni, non ne ho viste da parte dell'Unione europea. Il problema è che un'UE divisa come oggi non riesce a formare una volontà politica comune; la presidente della Commissione deve mediare e non vuole rompere l'equilibrio. Non dice niente delle interferenze di Trump in Germania, in Gran Bretagna, in Italia. Il sovranismo si ferma all'obbedienza", ha detto ancora Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Starlink, l'accordo col governo gli darebbe in mano tutti i dati che riguardano il nostro Paese. E' il momento che il governo decida se dare in mano ad altri la propria vita". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Il vantaggio di Musk è che ha a disposizione una tecnologia pronta e potente. Non so se il governo firmerà, ma queste cose vanno fatte con una prudenza enorme e garanzie che non credo il nostro esecutivo sia in grado di ottenere. Così come sembrano essere le cose, io non firmerei. E l'idea che il rappresentante di uno Stato come è Musk si impadronisca di una realtà fondamentale di un altro Paese è un rischio enorme per la democrazia", ha aggiunto Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Belloni, posso dire che è proprio brava, una servitrice dello Stato leale nei confronti del Paese e con capacità personali. Non ho la minima idea se verrà eventualmente coinvolta nelle istituzioni europee. Lei ha detto di no, ma queste cose devono maturare nel tempo. Ha le energie e le capacità, vedremo". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Esprimo la mia felicità vera per il ritorno di Sala, la stessa che ho provato quando liberammo il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo in condizioni analoghe". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Queste contrattazioni sono sempre molto complesse. Certamente c'è stato da Trump una specie di permesso o di tacito consenso. A differenza della mia esperienza, noi gioimmo tutti insieme, col ministro degli Esteri, il governo e anche i servizi. C'era anche la dottoressa Belloni, che aveva organizzato la liberazione; oggi è sembrato un evento molto solitario, solo della Meloni", ha aggiunto Prodi.