Due giorni fa l'imprenditore Salvatore Marano ha deciso di togliersi la vita con un colpo di pistola dopo che la Cassazione aveva annullato la decisione di secondo grado e ordinato un nuovo processo, che due giorni fa si è concluso con l'assoluzione dell'imputato
Un’epopea giudiziaria lunga ventisei anni, un grosso investimento andato in fumo e un’assoluzione che alla fine diventa tragedia. È un epilogo drammatico quello andato in onda a Linguaglossa, in provincia di Catania, dove due giorni fa l’imprenditore Salvatore Marano ha deciso di togliersi la vita con un colpo di pistola. L’imprenditore 68enne aveva appena saputo di avere perso la causa della vita: un processo nato nel lontano 1993 da una sua denuncia. Marano voleva costruire alcune palazzine nella zona di Castiglione di Sicilia: un grosso investimento tra le strade di pietra lavica e gli agrumeti che fanno da cornice all’Etna. Il progetto dell’imprenditore, però, viene bloccato più volte. Uno stop ripetuto che, secondo Marano, è da accreditare a Salvatore Nastasi, impiegato dell’ufficio tecnico del comune di Castiglione accusato di aver chiesto più volte il pagamento di una tangente per firmare il via libera alla riapertura dei cantieri. L’imprenditore etneo, però, non è d’accordo: decide di andare dai carabinieri e denunciare il dipendente pubblico per concussione.
Ne nasce un processo infinito: la sentenza di primo grado arriverà solo nel 2001, sette anni dopo la denuncia, con Nastasi che sarà condannato a 5 anni di carcere più 60 milioni di lire di risarcimento da pagare a Marano. Che nel frattempo non si perde un’udienza del processo: compila numerosi memoriali da depositare ai giudici, si costituisce parte civile nel processo, che definisce ormai come “la battaglia della sua vita”. Intanto abbandona l’attività d’imprenditore edile: la sua azienda ha un crollo e lui decide di dedicarsi ad altro. Nel 2006, 13 anni dopo la prima denuncia, la condanna a 5 anni viene confermata in appello, ma nel 2010 la Cassazione la annulla ordinando un nuovo processo di secondo grado. La Suprema corte accoglie il ricorso dell’imputato visto che non considera esaustive le motivazioni della condanna d’appello. Vengono anche sollevate alcune critiche dato che una parte di quelle stesse motivazioni di condanna erano state scritte a penna, risultando quindi poco leggibili.
Due giorni fa, ecco la nuova decisione dei giudici di secondo grado: Nastasi va assolto perché il fatto non sussiste. “Ho chiamato il mio cliente, anticipandogli la notizia e non mi sembrava assolutamente turbato: nulla lasciava presagire una decisione simile”, spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Rosario Pennisi, legale di Marano. “Era una persona perbene, molto calma – continua il legale – seguiva ogni passo del processo ma non si lasciava mai andare in escandescenze. Tra l’altro nonostante il tracollo dell’azienda edile aveva ricominciato a lavorare in un altro settore: non si può dire dunque che non riuscisse a sopravvivere. Anche per questo non avrei mai immaginato una fine del genere”.