Il presidente del Gruppo Gems, azionista del Fatto Quotidiano e Amministratore delegato di Longanesi ha alcune domande per Diego Piacentini, il nuovo Commissario del governo per il digitale e l’innovazione che, fino ad agosto sarà ancora uno dei vice presidenti della più grande azienda di e-commerce
“Se mi nominassero sottosegretario ai Beni culturali, qualche mio collega editore avrebbe qualcosa da ridire”. Stefano Mauri, presidente del Gruppo Gems, azionista del Fatto Quotidiano e Amministratore delegato di Longanesi “educatamente” ha alcune domande per Diego Piacentini, il nuovo Commissario del governo per il digitale e l’innovazione che, fino ad agosto (quando si metterà in aspettativa), sarà ancora uno dei vice presidenti della più grande azienda di e-commerce, Amazon.
Mauri, perché non le è piaciuta la nomina a commissario per il digitale di Diego Piacentini?
Nell’ambito del digitale ci sono aziende, come Google, che annunciano oggi che tra vent’anni realizzeranno la Google Car. E ci sono aziende che, invece, seguono la linea dell’estrema riservatezza su qualsiasi loro progetto, come Amazon. Poi, c’è la questione della visione del mondo: strumentale, per far sì che il consumatore abbia un bisogno disperato dell’azienda. La competenza di Piacentini, a cui va riconosciuta una inconfutabile capacità manageriale, è di sapere meglio degli altri come evolverà il futuro digitale. Le sue competenze, però, è probabile riguardino quello che Amazon ritiene sia il modo in cui evolverà questa rivoluzione.
Quali conflitti d’interesse potrebbero generare?
Immagino che Piacentini abbia un ruolo di consigliere del capo del governo e quindi gli consiglierà di agire in un modo invece che in un altro in campo digitale. Sarà però difficile capire se si tratterà di un consiglio disinteressato, di un consiglio interessato o di un consiglio disinteressato ma che fa parte della visione del mondo di Amazon.
E qual è la visione del mondo di Amazon?
Amazon aveva presentato il “Kindle”, il lettore per gli ebook, come lo strumento destinato a seppellire il libro di carta. Prima ha detto che avevano venduto più ebook che saggi tascabili, poi che erano stati venduti più ebook che libri di altro genere. Un anno, addirittura, ha detto di aver venduto più ebook che libri di carta a Natale. I giornalisti americani hanno chiesto cosa significasse e Amazon ha specificato che il giorno di Natale, quando le librerie erano chiuse, erano stati venduti più ebook che libri di carta. Un’indicazione per far credere al consumatore che il futuro apparteneva all’ebook mentre, come detto recentemente dallo scrittore inglese Lee Child sul Guardian, l’ebook è l’aria condizionata non l’acqua corrente. Se Amazon in America ha l’80 per cento di mercato ebook e il 20 per cento di mercato fisico, l’analisi diventa strumentale per conquistare i lettori: prima li converte, poi li spinge nel suo recinto.
Ha funzionato?
L’ebook è arrivato al 25 per cento del mercato dei libri in America, poi è sceso al 20. C’è stato un reflusso che ha dimostrato come il digitale sia solo uno dei modi di fruire il libro, non l’unico.
E poi c’è la segretezza.
Amazon ha aperto una libreria fisica a Seattle: qualcuno sa perché? No. Poi è stato detto che ne sarebbero state aperte 400 in America. Poi ha smentito. In azienda avranno una strategia, ma a noi non è dato saperlo. Il governo italiano avrà allora una persona sicuramente preziosa, che sa cose che nessun altro sa. Ma che appartiene alla visione del mondo di Amazon.
È un conflitto di interessi solo di idee?
Piacentini è un top manager di Amazon, lì tornerà tra due anni, è lecito ritenere che abbia azioni, stock option, dunque un interesse rilevante in quell’azienda, che in qualche modo godrà o soffrirà delle decisioni di palazzo Chigi sul digitale. Non mi sembra di aver sentito commenti in merito, quindi lo chiedo gentilmente e in modo educato: che interessi ha nell’azienda? Ha stock options? Quando scadono? Le potrà riscattare?
Da Il Fatto Quotidiano del 24/02/2016