Lo scontro governo vs Regioni rischia di lasciare indietro il Paese soprattutto perché le Regioni maggiormente vessate da Renzi sono quelle del Sud. La Puglia soprattutto, con a capo Emiliano sembra quella finita nel mirino del premier. I motivi sono tutti da rintracciare nel patrimonio di valori e di idee che il fiorentino ha rottamato prima ancora che gli uomini. Lo dice chiaramente in assemblea nazionale tutta la retrovia dei fedelissimi del premier che chiede a voce alta l’allontanamento di Emiliano dal Pd.
I motivi sono espliciti: ha criticato “la Buona scuola”, si è schierato contro le trivellazioni volute dal governo e contro la Tap a Santa Foca, anch’essa voluta dal governo. A dire il vero Emiliano ha fatto di più: si è schierato contro gli inceneritori, contro la potenziale destinazione in Puglia di un sito per lo stoccaggio nucleare, ha escluso qualsiasi velleità nuclearista che pur aleggiava in ambienti governativi, ha ridicolizzato il Jobs act con il reddito di dignità per 60.000 pugliesi (la metà dei nuovi posti effettivi prodotti dal Jobs act, costati al governo diversi miliardi), ha spaventato le multinazionali coinvolte nell’affaire Xylella, ha pensato di gassificare e bonificare l’Ilva.
Insomma si è messo di traverso a pianificazioni governative e lobbistiche: se l’è cercata con Renzi che, da discolo dispettoso qual è, lo ha punito con l’obbligo del rientro di 2 miliardi sulla sanità altrimenti salta il Patto di stabilità, ha scalato il coefficiente di posti letto per abitante per la Puglia di uno 0,3 (da 3,4 a 3,7) che significa taglio netto di 1200 posti letto e quindi chiusura di 9 ospedali, ha lasciato inalterato il fondo di 700 milioni di euro per le strutture sanitarie private, per far capire ai pugliesi che lui “fa quel che vole!”. Insomma ha messo spalle al muro la Puglia ed i pugliesi sul tema essenziale della sanità, perché vuol mettere in difficoltà Emiliano. Il governatore non perde la calma, non si scompone continuando il suo lavoro che porta risultati nonostante il governo avversario faccia di tutto per umiliarlo.
E mentre le retrovie dell’assemblea nazionale Pd chiamano ad organizzarsi per il referendum di ottobre sul Senato, Renzi rischia di perdere quello che il popolo chiama contro le multinazionali del petrolio e le trivellazioni e le elezioni amministrative di giugno. E’ sempre così, quando si crede di far a meno del popolo. Renzi va dritto verso una sconfitta di primavera che lo trascinerà verso il basso in autunno, quando gli italiani reduci dall’estate sulla Salerno-Reggio Calabria ed impantanati in un Paese che non è quello descritto nelle slide di Palazzo Chigi potranno anche giocargli brutte sorprese.
Intanto il suo Pd, quello che vuole le trivelle, le grandi opere atte a devastare territori unici (Tap a Santa Foca), quello che con Faraone in Sicilia imbarca anche il consenso di Cuffaro, quello che amoreggia con Verdini e che sulle Banche manda parenti a chiedere consigli a Carboni, quel Pd, geneticamente modificato ha tombato i valori per i quali è nato dimenticando che nella Puglia i Di Vittorio continuano a nascere, sono giovani, decisi ed adorano il Sud ed i suoi condottieri. Urlano Wake up e ballano la taranta e soprattutto non vogliono più morire avvelenati.
Renzi doveva capirlo subito, se la giochi sulla gioventù, prima o poi arriva il più giovane di te, se la giochi sul carisma semantico, prima o poi arriva quello che il popolo ama più di te, se te la giochi a rottamare con gli annunci, prima o poi ti rottami da solo.
Se si perde a primavera, in autunno le foglie cadono.