Il primo a dare l’annuncio dell’accordo ai giornalisti è Pietro Parolin, segretario di Stato della Città del Vaticano. Non è una battuta. Come se fosse il tesoriere di un partito di maggioranza o il segretario del gruppo misto appena uscito da qualche stanza verde per le consultazioni e le trattative, il “capo del governo” della Santa Sede dichiara: “Il punto fondamentale è che non si equipari in nessun modo il matrimonio alle unioni civili, che siano due discipline completamente distinte: mi hanno detto che stanno lavorando proprio per evitare il più possibile questo”. E infatti dopo pochi minuti esce un parlamentare, questa volta vero, che conferma. È il senatore del Pd Andrea Marcucci, l’uomo dell’emendamento “supercanguro”, che poi è stato prima abortito dal Pd (perché orfano dei voti del M5s) e poi definitivamente fatto fuori dal presidente del Senato Piero Grasso perché ritenuto inammissibile. Marcucci, per coincidenza, usa proprio un espressione che Parolin avrà sentito da vicino qualche volta di più di lui: “Habemus”. “Habemus – dice Marcucci, renziano di indubbia fede – L’emendamento è scritto molto bene, ora aspettiamo la bollinatura” (degli uffici del Senato, questa volta, non dei Sacri Palazzi).
L’accordo sulle unioni civili è un fatto storico per l’Italia. È davvero #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 24 Febbraio 2016
La fiducia, chiesta in Aula dal ministro Maria Elena Boschi, si voterà giovedì alle 19. Mezza giornata di discussione generale dalle 9,30 del mattino fino alle 17,20 quando inizieranno le dichiarazioni di voto. Quindi la prima chiama dalle 19 e alle 20,30 la legge sulle unioni civili potrebbe essere approvata, dando per scontato che il governo otterrà il via libera. Meno scontata sarà la composizione della maggioranza. Il punto è: sarà necessario o no il sostegno dei senatori di Denis Verdini? Oggi il leader di Ala ha tenuto a precisare di non aver anticipato nulla sulla decisione del gruppo in merito alla fiducia. Ma a palazzo Madama il sì dei verdiniani viene dato per molto probabile, se non certo. Per il Pd sarebbe preferibile un ok senza l’apporto di Ala per evitare di aprire il fronte con la minoranza dem su Partito della Nazione e via dicendo.
Il compimento del piano Renzi sulle unioni civili è vicino. “L’accordo sulle unioni civili è un fatto storico per l’Italia – twitta il presidente del Consiglio – È davvero #lavoltabuona”. “Bisogna avere davvero una faccia tosta per definire ‘storico accordo’ un compromesso sottobanco – gli risponde il segretario dei Radicali, Riccardo Magi – che a colpi di emendamenti, continua a distinguere tra affetti di serie A e di serie B. Il Nuovo Centrodestra non trattiene l’entusiasmo, Angelino Alfano – il grande vincitore – addirittura la fa passare come un regalo che ha fatto al presidente del Consiglio: “Renzi voleva fin dall’inizio portare a casa quella legge sulle unioni civili che i suoi predecessori non erano riusciti ad ottenere. In poche ore otterrà questo risultato al Senato e in poche settimane alla Camera. E non ha concesso niente a noi”. Una ricostruzione perlomeno generosa, visto che dalla legge non sparisce solo l’adozione del figlio del partner – e si sapeva – ma anche il cosiddetto “obbligo di fedeltà“. Non cambia molto nel concreto, cambia solo in linea di principio.
Ma il dato politico c’è ed è frutto degli incontri che per tutto il giorno ha visto riunirsi i democratici – compresi i ministri Maria Elena Boschi e Andrea Orlando – non più, come soltanto dieci giorni fa, con i grillini Alberto Airola o Maurizio Buccarella, bensì con Enrico Costa (ex berlusconiano promosso ministro agli Affari regionali con l’appendice della delega alla Famiglia), il capogruppo di Area Popolare Renato Schifani e l’uomo della giustizia del partito degli alfaniani, Nico D’Ascola che ironicamente è stato il più attivo nella battaglia anti-legge Cirinnà, battuto solo da Giovanardi e Quagliariello che infatti alla fine se ne sono andati. Una partita che D’Ascola ha sempre combattuto insieme a Maurizio Sacconi, l’ex ministro del Lavoro dell’ultimo governo Berlusconi, che annuncia che non voterà la fiducia al governo su questo provvedimento, sostenendo che in sostanza le unioni civili restano simili ai matrimoni e annunciando ricorsi ai tribunali e referendum. Non rovina la festa tra gli alfaniani: “Siamo soddisfatti – si apre Schifani – Abbiamo abolito la stepchild adoption e abbiamo abolito l’obbligo di fedeltà più altre piccole innovazioni che ci danno la certezza della non omologazione al matrimonio”.
L’emendamento sulle Unioni civili mantiene gli impegni presi dal Pd. Conferma in pieno i contenuti del Ddl Cirinnà,…
Pubblicato da Francesco Verducci su Mercoledì 24 febbraio 2016
Ma ormai non si parla più di se votare il nuovo testo e la fiducia, resta solo di capire quando. Il ministro Boschi ha già annunciato in Aula che il governo pone la questione di fiducia sull’emendamento che riscrive tutto il disegno di legge, circostanza che riduce la resistenza delle opposizioni a semplice protesta per la mancanza di dibattito sul nuovo testo. Per il leghista Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, il presidente Piero Grasso dovrebbe dichiarare l’emendamento governativo inammissibile perché “è una truffa”.
Il Partito democratico parla come un sol’uomo: Marcucci, Zanda, Rosato, Boschi, Orlando. Tutti dicono che la legge è storica, che il Paese la aspetta da vent’anni, che è uguale alla Cirinnà, con la sola eccezione dell’eliminazione dell’articolo sull’adozione del figlio del partner. Zanda, il capogruppo, assicura che una riforma della normativa sulle adozioni, che dovrebbe contenere anche i diritti per i bambini di coppie omosessuali, dovrebbe essere approvata entro la fine della legislatura.
#unionicivili. @matteorenzi ha perso e dice di aver vinto. Storica figuraccia per il Pd. Nasce legge carciofo che scontenta tutti
— Renato Brunetta (@renatobrunetta) 24 Febbraio 2016
Negli stessi minuti tuttavia fuori dal Senato le associazioni Lgbt gridavano e esponevano cartelli. “Vergogna!”, “tradimento”, “non ci rappresentate”. Si sono seduti per strada, hanno bloccato il traffico. “Siamo favolose” si legge su uno striscione, “Lotta anale” osa un altro rischiando di far prendere un colpo alla Binetti. Tra chi manifesta c’è anche il presidente dell’Arcigay, Flavio Romani. È solo un assaggio, dicono, di quello che accadrà il 5 marzo in piazza del Popolo, dove il movimento ha chiamato a raccolta tutto il popolo dei “diritti civili” per “gridare la rabbia e il tradimento”. Arcilesbica non si mette i guanti: “L’emendamento sul quale il governo si appresta a chiedere la fiducia – spiega la vicepresidente Lucia Caponera – è una dichiarazione di resa, incondizionata, un insulto alla dignità delle persone perché frutto di strategie che svendono le vite di tutti e tutte. Se il risultato sarà quello di tenere in piedi una legge per fare campagna elettorale e proclami di tenuta del governo ci troveremo di fronte ad uno scempio agito, deciso, sulle vite, sui corpi di cittadine e cittadini di questo paese”. La presidente di Famiglie Arcobaleno, Marilena Grassadonia, definisce la legge che sta per nascere “irricevibile: nel 2016 pensare che uno Stato in Europa possa fare una legge sulle unioni civili senza garantire i diritti dei bambini è inconcepibile”. Così a fare i complimenti a Renzi resta solo l’associazione Gay Center: “Ha fatto quello che altri leader e presidenti del Consiglio non avevano mai fatto finora”. Con Renzi, oltre ad Alfano, ci sarà forse anche Denis Verdini: “Tecnicamente noi avremmo votato la legge, risponde a tutti i nostri requisiti – dice il capogruppo di Ala Lucio Barani – ma con la fiducia la cosa è diventata politica. Vedremo, la notte ci porterà consiglio”.