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Cinema

Oscar 2016, il duello per la miglior attrice: tra Blanchett e Lawrence spunta Charlotte Rampling

Corsa a tre per la statuetta come miglior attrice protagonista. Inutile dire che l'attrice australiana e la statunitense l’hanno già vinta, perché le loro due interpretazioni, rispettivamente in Carol e Joy, non possono passare inosservate agli occhi dei membri dell’Academy. Ma l'interpretazione dell'attrice britannica in 45 anni è semplicemente perfetta. Fanalini di coda le ancora acerbe Brie Larson per Room e Saoirse Ronan per Brooklyn

Cate o Jennifer? O l’outsider Charlotte Rampling? Corsa a tre per la statuetta come migliore attrice protagonista agli Oscar 2016. Inutile dire che Cate Blanchett e Jennifer Lawrence l’hanno già vinta, perché le loro due interpretazioni, rispettivamente in Carol e Joy, non possono passare inosservate agli occhi dei membri dell’Academy.

Nel film di Todd Haynes la Blanchett, classe ’69, è l’affascinante, matura e ricca signora Carol Aird, separata dal marito, e in lotta con lui per la custodia della figlia dal momento che crea pubblico scandalo la sua relazione con una donna, oltretutto ben più giovane di lei. Blanchett in Carol mostra tutta la sua attitudine nel recitare il ruolo della donna algida e sofisticata, un po’ come in The Aviator (Oscar come attrice non protagonista nel 2004) quando rifà l’elegante icona attoriale di Katharine Hepburn. Cate, la ragazzina nata in Australia come la Kidman, esplosa con la performance reale e regale di Elisabetta I in Elizabeth di Shekhar Kapur nel 1998, si è talmente profusa in mille ruoli, uno più interessante dell’altro, che averla vista premiata nel 2013 con l’Oscar per quell’imperituro monumento al nulla comico che è Blue Jasmine, dove fa il verso ad un qualsiasi prototipo alleniano nevrotico cancellando femminilità, grazia, eleganza e versatilità performativa, è davvero un peccato mortale. Un nuovo riconoscimento – oltre ai due Oscar ci sono anche altre quattro nomination – per questo suo personaggio autoritario ma che freme sottotraccia, che mescola intensità e fragilità nell’unico impasto dell’amore assoluto, sarebbe adeguato e più che dignitoso.