Sono passati quasi tre anni, lui ancora s’incazza. “Salgo le scale di via dell’Umiltà, al quarto piano vedo un impiegato con un banchetto. Con una mano fa firmare contratti ai candidati, con l’altra incassa assegni o contanti. Lo fermo, li prendo uno a uno e li faccio restituire. Nossignori, la democrazia non si vende!”. Maurizio Bianconi è l’ex tesoriere del Pdl, una vita al fianco di Silvio Berlusconi e nel centro nevralgico del partito. Finché, in occasione delle ultime politiche, s’è messo di traverso al commercio delle candidature. Forse anche per questo siede oggi tra i banchi dei Conservatori riformisti, ma non ha cambiato idea. “Capite che questa roba è un’estorsione?”, urlò allora attirandosi attenzioni poco benevole in chi era arrivato coi soldi in mano a comprarsi il seggio e chi tenendo il cappello in mano già faceva i conti dell’incasso. “Ho fatto l’avvocato per 40 anni, so benissimo che questa cosa di pretendere soldi per una candidatura rasenta l’estorsione. Molti poi girarono i soldi direttamente, so anche di qualche bischero che lo fece senza poi essere eletto”. Parliamo di quotazioni. Un seggio alle politiche 2013 veniva via per circa 25mila euro (Verdini ne chiedeva però 50 per un posto sicuro nel listino di Fi). A differenza del Pd, devono essere versati immediatamente, all’atto della candidatura. Più un impegno, previsto dalla statuto, a versare 800 euro al mese al partito. Comprarsi lo scranno con Forza Italia, alla fine, costa circa 70mila euro. Ciò nonostante non tutti pagarono, anzi. Chi aggirò Bianconi alla fine raggirò Berlusconi. Ciclicamente, in questi tre anni, è venuto fuori il bubbone dei parlamentari inadempienti. Quando il Pdl si è sciolto in Forza Italia si è aperto un buco nei conti da quasi 70 milioni, in parte dovuto proprio ai mancati “contributi” dei suoi parlamentari. Nelle casse dovevano arrivare circa 800mila euro al mese, ma il 40% degli eletti non aveva versato l’obolo.

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