“Uomini e Donne” nasce nel ’96 per raccontare storie di adulti ma col nuovo secolo gira sul dating show, dove si prova a mettere questa/o con quello/a ed è tutto un torrente di confidenze e confessioni (cuore in mano e primo piano) e di chiacchiere in studio attorno all’andamento degli incipienti affetti. Se detestate il genere Peynet della mutua con relativi “confessionale” e adeguato dibattito, vi parrà certamente una boiata pazzesca, peggio dei cineforum di Paolo Villaggio dove anziché dei tronisti più o meno innamorati si discettava dei marinai della Potemkin, più o meno rivoluzionari.
Ma è impossibile non riconoscere al programma oltre alla lucidità della concezione (roba da delitto perfetto), la coerenza dell’esecuzione, giacché non prova neppure per un istante ad essere diverso da quel che è: uno scacciapensieri, un cartone animato del sexysentimentalismo interpretato da persone reali anche se non vere. Date le premesse, la risposta del pubblico è scanzonatamente massiccia e unisce nel segno del divertimento le categorie più svariate, specie dell’universo femminile. Certo, gli animi più semplici oltre al divertimento cercano il contatto con la realtà anche lì, in quei motteggi e birignao di cuori che si cercano. E così le signore assai semplici che cinicamente i pubblicitari definiscono “sognanti” sfiorano il 40% di share, e perfino tra i maschi, tra cui l’analisi dei sentimenti si sa che non tira un gran che, ci sono i drop out dai lavori manuali, quelli definiti, non meno cinicamente, “anziani da osteria”, che si affollano con percentuali superiori al 30%. Fino ad ora, per quanti ne abbiamo verificati, “Uomini e Donne” è anche l’unico programma al quale gli stranieri residenti in Italia conferiscano percentuali d’ascolto pari a quelle degli indigeni. In altri termini, sembra che il trash allegro e sentimentaloide costituisca il terreno di comunicazione elettivo per il maturare del melting pot italiano. Basta saperlo.
Ovviamente, di fronte a una tale corazzata, la povera Rai 1 col suo “Verdetto” annaspa tra pubblici minoritari (le medesime sognanti che donano il 40% agli ospiti di Maria De Filippi, concedono lo 0,9% agli azzeccagarbugli e alle liti da pianerottolo del Primo canale. Vero è che Rai 1, una chiacchiera qua un distinguo là, è di solito preferita a quell’ora dagli strati più colti e raffinati, a partire dai cosiddetti “Protagonisti”, la crema della crema della società agiata e intellettuale. Lunedì erano presenti con uno share del 30%. Ma duole constatare che i medesimi il giorno successivo, quando il battibecco paragiudiziale ha ceduto una tantum il passo ai funerali di Umberto Eco, non hanno avuto esitazioni a riversarsi in massa proprio a casa di Maria De Filippi. Eco sarebbe stato l’ultimo a scandalizzarsene.