L’Irlanda al voto anticipato venerdì 26 febbraio dopo che lo scorso 3 febbraio il premier Enda Kenny aveva chiesto lo scioglimento del parlamento per dare “un governo stabile” al Paese e per “proteggerne l’economia”. Le elezioni politiche rappresentano un test per il governo di coalizione tra i conservatori del Fine Gael e i laburisti della vicepremier Joan Burton, che verrà giudicato dopo i sacrifici imposti con l’austerità, da un lato, e gli importanti segnali di ripresa, dall’altro. Secondo i sondaggi pubblicati dai quotidiani locali i due partiti, che si propongono nuovamente di riunirsi in coalizione dopo il voto, potrebbero non ottenere la maggioranza assoluta dei seggi né accordarsi con partiti di minoranza e candidati indipendenti, creando un vero e proprio stallo politico come successo in Spagna e Portogallo, tutti Paesi che hanno usufruito dei piani di salvataggio dell’Unione europea.
Il rischio che si profila è il mancato raggiungimento sommando i voti di entrambi i partiti del traguardo del 45% dei voti, esito che non permetterebbe al Fine Gael e Partito laburista, nel sistema proporzionale della Repubblica irlandese, di restare al potere bissando la vittoria elettorale ottenuta nel 2011. Allora questi due partiti presero il posto di un’altra coalizione composta da Fianna Fail, formazione politica centrista, che aveva mantenuto l’egemonia nel Paese per decenni, e i Verdi.
L’ascesa del Sinn Fein e la crisi dei laburisti – Potrebbe avere un ruolo molto importante, magari anche guidare l’opposizione in parlamento, nel panorama politico del dopo elezioni il leader dei nazionalisti di sinistra del Sinn Fein, Gerry Adams, diventato in queste poche settimane di campagna elettorale il “paladino” dell’anti-austerità e uno dei principali avversari di Kenny. Al contrario, secondo i sondaggi, Joan Burton guida dei socialisti da due anni e prima donna leader del partito potrebbe vedere il proprio partito subire un duro castigo alle urne per le politiche di austerità di cui è stato fautore governando insieme ai conservatori, scendendo dal 19,5% dei voti ricevuti cinque anni fa a meno del 10%.
Il premier uscente punta sulla crescita economica – La breve campagna elettorale di Enda Kenny è stata incentrata sul sostenere che “l’economia nazionale continuerà a crescere solo sei i cittadini sceglieranno di mantenere la coalizione al potere”. E sono proprio gli indicatori macroeconomici ad appoggiare l’operato della coalizione uscente conservatori-socialisti, che ha applicato il rigido programma richiesto dal governo precedente a dicembre 2010, del valore di 85 miliardi di euro, fino a dicembre 2013, quando Dublino è uscito con successo dal piano di aiuti internazionali. A poco più di cinque anni di distanza, però, secondo la stampa locale il monito di Kenny – che i critici bollano come “messaggio di paura” – non ha fatto breccia nella maggior parte dei cittadini. La Banca centrale irlandese ha confermato che l’economia attraversa un periodo di espansione “eccezionale” e stima che il Pil nel 2015 sia cresciuto del 6,6%, mentre per 2016 e 2017 prevede che aumenterà rispettivamente del 4,8% e del 4,4%, ben al di sopra della media europea. E anche la disoccupazione è in calo, scesa sotto quota 8%.