Alcuni giorni fa sono stato a casa di Francesco Guccini per intervistarlo nell’ambito di un lavoro sul canone della canzone d’autore italiana, vista come “letteratura musicale”. Sono andato, dunque, a Pavana, una frazione di Sambuca Pistoiese, docilmente adagiata lungo la Statale Porrettana, che dal cuore dell’Emilia conduce a Pistoia, inerpicandosi sull’Appennino. Qui Guccini vive stabilmente dal 2001. Incontrarlo è restituire ai ritmi soliti un andamento più placido, un respiro cordiale e umano. Durante l’intervista lui fuma molto, alternando le boccate a un buon bicchiere di rosso; prende tempo, pesa le parole e apre continue parentesi, pur non perdendo mai il filo del discorso e non eludendo le domande: denota un rispetto antico per le parole, un rispetto che quasi imbarazza. Rende semplici anche i concetti più complicati ed è precisamente come te lo aspetti; forse perché, come accade coi cantautori autentici, c’è una coerenza naturale tra le canzoni e il proprio modo di essere, e si prova un certo piacere rassicurante a starlo a sentire. Abbiamo parlato dello scenario culturale italiano per ciò che riguarda la canzone, dell’insegnamento della musica di qualità in Italia e dei cantautori a scuola.
Che periodo sta attraversando oggi la canzone d’autore italiana?
È un periodo di stanca. A parte alcune voci storiche come De Gregori, Vecchioni, Capossela o Bersani, la canzone d’autore non presenta molto. Apprezzo il rap, che in alcuni casi rappresenta il tentativo di dire cose importanti con la canzone, ma in maniera diversa. Credo sia normale però: per fare un esempio, come dopo il dolce stil novo non c’è stata immediatamente una importante temperie letteraria successiva, così avviene oggi.
Forse il problema è enfatizzato da chi vive questi anni, peraltro di rivoluzione del supporto d’ascolto: ma quarant’anni non sono molti nella storia della letteratura, e quindi nemmeno in quello della canzone…
Esatto, c’è bisogno di qualcosa da dire e qualcuno che sappia raccontarlo, e le temperie artistiche sono cicliche generalmente.
A proposito di rapporto con la letteratura, il fraintendimento supremo credo sia quello di chi vede nella canzone un genere artistico collegato con la poesia, mentre invece io credo che essa a volte sia letterariamente più vicina alla prosa. Guardiamo il tuo caso: tu volevi fare lo scrittore, “nasci in prosa” e, ora, dopo aver smesso di cantare continui a scrivere racconti e romanzi…
Sì, esatto. Devo dire che per me la canzone e la narrativa sono andate esattamente di pari passo, mentre non ho mai sentito particolare bisogno di scrivere poesie. Addirittura in me la narrativa è nata prima della canzone: le mie prime canzoni di un certo tipo sono più o meno del 1964, ma io da ragazzino avrei voluto fare lo scrittore di libri, non di canzoni.
Ma la canzone come “lettaratura autonoma” è purtroppo sempre stata considerata arte minore, vivendo di “briciole dei consensi” della poesia. Come mai secondo te?Purtroppo è vero, è successo anche al fumetto. Per la canzone c’è anche molta dispersione, perché le canzoni che hanno valenza artistica – quelle necessarie prima di tutto a chi le scrive – non sono tantissime, sono poche. Sono generi diversi: la canzone pop, per usare un termine comprensibile, va benissimo, è quella lì, ma la canzone d’autore presenta un tentativo in più, soprattutto nel testo, di avere una valenza artistica.
E oggi, che l’offerta per via dell’informatica e internet è molto cresciuta, non pensi che quest’opera di discernimento, di divisione, di valorizzazione di ciò che vale, debba e possa essere fatta dalla critica o dal giornalismo musicale?
Sì ma non so se il più delle volte i giornalisti musicali facciano da filtro o promozione. Spesso non sono all’altezza della situazione…
Spesso addirittura cercano solo il prurito, la polemica o la notizia a forza. Guarda cosa è successo con le tue dichiarazioni su Bowie. Hai detto che non è mai stato il tuo preferito, e tutti lì a montare chissà quale caso…
Ah sì? È successo questo? (Ride n.d.r.) Non lo sapevo. Io fra l’altro non ascolto praticamente più canzoni a casa. Gli ultimi dischi che ho ascoltato con interesse risalgono ai Beatles e Simon & Garfunkel. Un po’ di anni fa ormai. Figurati David Bowie!
E invece l’accademia, la scuola questo ruolo potrebbe averlo? Potrebbe dare il giusto ruolo alla canzone?
Ecco, sì. Però c’è da sottolineare un’enorme differenza. Bisogna separare nettamente le scuole di scrittura dalla scuola tout court, quella che fornisce i ragazzi di un bagaglio culturale. Le prime contano relativamente poco, perché per saper scrivere bisogna leggere moltissimo, ci vuole studio, ci vuole impegno. E si devono leggere e ascoltare i migliori; questo è il ruolo utile della scuola. Poi i ragazzi, certo, devono avere passione, voglia di scrivere: dalla pagina letta, dall’artista ascoltato, si passa alla pagina o alla canzone scritta. Ma la scuola non ti deve insegnare come si scrivono belle canzoni. La creatività non si insegna. Senza bagaglio culturale non vai molto lontano, non c’è scuola che tenga: io credo che nessuno degli autori che ho amato abbia mai fatto scuole di scrittura.
Ma se la scuola ha “solo” l’obbligo di dirti quali sono i migliori e perché (poi ci devi mettere del tuo), non credi che forse sarebbe il momento di inserire nei programmi della scuola italiana – io direi sin dalle medie – la letteratura della canzone? Dico facendolo seriamente, prima di tutto non snaturandola estraendola dalla musica (armonia e melodia strutturale)…
Sì, ecco, questo è fondamentale. Il testo di una canzone ha sempre bisogno della sua musica, perché nasce così e non va snaturato. Ora: una mia canzone se non sbaglio fece parte di un tema di Maturità alcuni anni fa, e altre sono nei libri di testo di scuola, ma senza la musica la tensione artistica e quel particolare linguaggio viene perso.
Quindi è nel curriculum universitario dei docenti di lettere che prima di tutto bisogna inserire nozioni musicali obbligatorie, no?
Sì assolutamente. Formare gli insegnanti soprattutto. E anche scegliere un repertorio di canzoni di un certo tipo, come dicevamo prima, principalmente alle medie. Io penso che insegnando certe canzoni, analizzandole, studiandole a scuola il rapporto tra il testo e la musica si capirebbero meglio anche la metrica della poesia e la loro bellezza.