A volte si fanno usare e altre volte usano la criminalità, ma in ogni caso le relazioni tra amministrazioni comunali e Sacra corona unita, nel Salento, si fanno sempre più pericolose. Sono almeno sei i Comuni che, nel Leccese, sono a rischio di infiltrazione mafiosa e, pertanto, sotto la lente di Procura e Prefettura. Tra questi, c’è anche il capoluogo. Qualcosa, tuttavia, sembra sfuggire ancora: quel numero “non coincide con quello delle minacce contro gli amministratori, visto che la Puglia è tra le prime regioni per intimidazioni. Se si arriva a questo punto, vuol dire che c’è una presenza più massiccia della Scu rispetto a quella portata a galla”. Questo ha ribadito la commissione parlamentare antimafia, dopo la visita a Lecce, all’inizio della settimana.

Il controllo esterno della Prefettura
È un salto all’indietro, a venticinque anni fa: nel 1991, per la prima e unica volta sul territorio, vennero sciolti due Consigli comunali, quelli di Gallipoli e Surbo. Si tratta di realtà tuttora “sotto scorta”: la prima per i grandi interessi legati al turismo, su cui ha messo gli occhi anche il clan Padovano; la seconda per le minacce alla famiglia del sindaco Fabio Vincenti, con i proiettili alla ditta del fratello e la profanazione della tomba di famiglia. Ad Acquarica del Capo, come ribadito in una sentenza del Tribunale di Lecce di due settimane fa, gli amministratori avrebbero mostrato reticenza nel testimoniare nel processo contro Cengs De Paola, indicato come il referente della Scu nel basso Salento.

In nessun caso si è ancora giunti, comunque, all’adozione della misura estrema, perché il prefetto Claudio Palomba ha scelto di adottare vie parallele, quelle del controllo esterno. Così a Squinzano, dove ha chiesto la rimozione della presidente del Consiglio, Fernanda Metrangolo, dimessasi dopo l’operazione “Vortice dejà vù” che l’ha vista indagata per corruzione e nella quale è stato arrestato il figlio, ritenuto riferimento del clan Pellegrino. Così a Parabita, caso per il quale al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, sono stati chiesti poteri straordinari di accesso, per vigilare sulle attività dell’ente: lì, nel gennaio scorso, è finito in manette il vicesindaco Giuseppe Provenzano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e autodefinitosi il “santo in paradiso” dello storico clan Giannelli, com’è emerso da un’intercettazione telefonica.

Lecce: alloggi, manifesti ed elezioni
Gli occhi sono puntati soprattutto sulla città di Lecce, dove “uomini del clan avrebbero orientato il voto verso un simbolo preciso e determinati candidati”, ha scritto il prefetto nella sua relazione consegnata all’Antimafia. Il riferimento è alle elezioni del 2012, quando è stato scelto per la seconda volta con un plebiscito l’attuale sindaco di centrodestra Paolo Perrone. Non ci sono consiglieri o assessori comunali indagati, ma hanno destato “grave allarme” le intercettazioni delle telefonate intercorse tra l’assessore all’Urbanistica, Severo Martini, e Mario Blago, accusato di concorso esterno nell’associazione mafiosa del genero Maurizio Briganti. Il sospetto, ancora da fondare, è quello di un do ut des. Questo l’input dato dall’operazione “Eclissi”, che ha consegnato anche un altro spaccato: le affissioni dei manifesti elettorali erano in mano ad un unico gruppo criminale, attraverso soggetti legati da rapporti di parentela con il capoclan Pasquale Briganti.

Poi, c’è il capitolo alloggi pubblici. “Un segnale preoccupante è stato dato dal diffuso consenso elettorale verso alcuni amministratori, emerso in occasione delle amministrative 2012 nelle aree di edilizia popolare”, ha chiarito Palomba. Su questo è in corso una doppia indagine, amministrativa e penale. Il nodo è nelle assegnazioni: delle 562 case di proprietà comunale, solo 262 sono state attribuite a titolo definitivo con il bando del 1999, mentre il resto è occupato ancora temporaneamente.

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