Il tecnico dei nerazzurri si presenta a Torino con una formazione super difensiva, rinuncia a giocare e punta tutto su aggressività e contropiede. Mossa inutile. Prima il difensore (clamoroso l'errore di D'Ambrosio) poi lo spagnolo su rigore mettono il sigillo su una gara che i padroni di casa hanno meritato di vincere
Come se non fosse bastato aver cancellato l’illusione dello scudetto con la lunga rimonta che dura ormai da fine ottobre, la Juventus mette una riga, forse definitiva, sulle possibilità di terzo posto dell’Inter. Basta un lampo di Bonucci, innescato da un passaggio “suicida” di D’Ambrosio, per scardinare gli equilibri di una partita non bella, figlia di bianconeri ‘normali’ e della solita apatia nerazzurra. Poi nel finale, quando dovrebbe toccare all’Inter fare la partita, l’unico svarione di Miranda, uno dei migliori in campo, da il là al bis di Alvaro Morata dal dischetto. Reazione della squadra di Mancini? Non pervenuta. Nonostante il tecnico aggiunga qualità, almeno teorica, con gli inserimenti di Ljajic e Perisic. Buffon però rimane inoperoso per tutto il secondo tempo, almeno fino al 2-0, e nel primo viene chiamato in causa in rarissimi casi: un paio di interventi bastano per stabilire un nuovo record personale di imbattibilità.
Si gioca molto a centrocampo, dove l’Inter prova a fare densità partendo da un inedito 3-5-2 con Medel, Melo e Kondogbia al centro e Palacio ad agire da collante tra la mediana operaia e Icardi. Il puntero argentino è utile come una boa nel deserto: l’Inter dalle sue parti non ci arriva mai. E quando il connazionale gli crea l’unica vera occasione del match, lui la svirgola. Peccato, perché era una palla ghiotta e arrivava dopo un avvio tutto di marca bianconera. Tre occasioni in dieci minuti per gli uomini di Allegri: il primo battito della partita lo regala l’ex Hernanes con una sventola sulla traversa, poi tocca due volte a Manduzkic che potrebbe approfittare delle incertezze di Murillo.
Niente di fatto e l’Inter che cresce, nonostante lo schema disegnato da Mancini non aiuti la manovra. La difesa, almeno all’inizio, soffre la disposizione a tre, Telles e D’Ambrosio sono sempre molto incerti tra la copertura e la spinta, Melo è un disastro. Kondogbia prova a tenere su la baracca ma al francese manca lo spunto, lontano dalle sue corde. L’equilibrio regna perché Pogba è parecchio impreciso, Dybala spuntato e la Juventus non cambia mai passo, forse un po’ scarica dopo la grande rimonta in Champions. Serve il colpo di un guerriero, insomma. Mandzukic si spreme e perde di lucidità quando ha le due occasioni buone, tocca quindi Bonucci, altra anima bianconera. Lo sciagurato colpo di testa di D’Ambrosio in apertura di secondo tempo può essere un punto di svolta del campionato per i nerazzurri. In negativo, visto che la Roma corre sulle ali di sei vittorie consecutive, lunedì la Fiorentina può spingere Mancini a -7 dal terzo posto. E ora anche il Milan ha la freccia accesa, forte di appena due sconfitte nelle ultime venti partite e nove risultati utili consecutivi.
Numeri che ricordano (da lontano) quanto sta facendo la Juve, arrivata a diciassette partite di fila senza k.o.: sedici vittorie e un pareggio dal 31 ottobre a oggi. Ora tocca al Napoli rispondere. Attenzione, perché la banda di Sarri non può permettersi altri passi falsi. Scivolare a Firenze vorrebbe dire dover recuperare quattro punti sulla Juve. Un gruzzoletto prezioso per i bianconeri, che continuano a raccogliere risultati positivi nonostante gli infortuni (Marchisio out fino al Bayern; Chiellini costretto al cambio ancora per un problema al polpaccio, di nuovo) e lo stress della lunga rimonta. Mercoledì affronterà di nuovo l’Inter nella semifinale di ritorno di Coppa Italia. Una formalità, dopo il secco 3-0 dell’andata. Giusto per rimarcare l’abisso creatosi negli ultimi quattro mesi tra chi dominava allora e chi lo fa dall’inizio del 2016.