In un bel libro di Fabrizio Saulini e Francesco Denti – Teen Idols (Castelvecchi) – Leo è stato/è/sarà (?) un “girl toy”. O ancora meglio: “l’indiscusso re dei loliti, l’uomo-bambino che per la prima volta nella storia del cinema ha creato attorno a sé un’eccitazione febbrile e incontrollata pari a quella suscitata dalle più amate stelle del pop”. Nessuno ricorda con esattezza quando la LeoMania sia iniziata. Sicuro è che l’anno della svolta per DiCaprio è il 1995. Mettiamo da parte le particine in Critters e in tv. Togliamo un attimo di torno quella carnevalata di Buon Compleanno Mr. Grape. Leo ancora corpicino implume e biafrano dice no a Batman Forever di Joel Schumacher. Robin non gli si addice. In testa ci sono i ruoli epocali di Brando e di Newman, o anche solo di Dustin Hoffman.
Leo sceglie Pronti a Morire di Sam Raimi, dove viene bucherellato in duello da Gene Hackman, ma anche Ritorno dal nulla e Poeti dall’inferno. In molti ricordano il bacio gay di Leo/Rimbaud a David Thewlis/Verlaine, poco James Stewart con le labbra appoggiate su quella di Grace Kelly ma molta lingua in movimento nel film della Holland. In pochi hanno visto quel The Basketball diaries diretto da Scott Kalvert dove l’aria da dropout dell’attore 21enne, che ne dimostra cinque di meno, diventa subito mistica da santo. Chi l’ha visto lì, mentre giochicchia a basket, si droga, si prostituisce e finisce in cella, assieme a Mark Whalberg, può dire di averlo visto acerbo ma promettente, puro e candido come un giglio di campo prima di farsi crescere il mefistofelico pizzetto di Calvin J. Candie in Django di Tarantino. Perché c’è un DiCaprio pre e post pubertà. Titanic è pre. La maschera di ferro e The Beach pure.