Parole come pietre, doverose e sentite, che comunque oscurano il primo Oscar di Leonardo DiCaprio, come il bis alla regia di Iñarritu che lo fa diventare assieme a Jonh Ford (nel ’41 e ’42 per Furore e Com’era verde la mia valle) e Joseph L. Mankiewicz (Lettera a tre mogli e Eva contro Eva nel 1950 e nel ’51), il terzo regista ad aver vinto l’Oscar due volte consecutivamente. Non se lo poteva consegnare da solo, il secondo Oscar, Iñarritu. Infatti quando J.J. Abrams è sbucato sul palco a consegnare l’Oscar alla regia, si è capito che le carte erano state sparigliate. “Non ci posso credere”, ha dichiarato dal palco il regista d’origine messicana.
“È fantastico condividere l’Oscar con tutte le persone del cast, i colleghi talentuosi, pazzi, che hanno collaborato in tutto il continente per il film. Leo tu sei il redivivo, grazie per aver dato la tua anima, la tua vita. Grazie a Tom (Hardy ndr) e a tutti i nativi. Sono fortunatissimo ad essere qui, perché altri non hanno avuto la mia stessa fortuna – ha continuato Iñarritu riferendosi alle popolazione sterminate nel “continente americano” – Ora abbiamo l’opportunità di liberaci da tutti i pregiudizi che abbiamo sulle spalle, da un pensiero tribale: il colore della pelle è irrilevante, è come la lunghezza dei capelli”.