“L’impatto del movimento nell’isolare il regime israeliano di occupazione, colonialismo e apartheid è ora riconosciuto dai vertici della politica, della sicurezza e dell’industria di Israele”. Così Omar Barghouti, attivista palestinese e fondatore della campagna internazionale Bds (Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni): “Le università sono una parte intima dell’occupazione e lo sono per scelta attiva” (leggi l’intervista al filosofo Giulio Giorello).
Qual è lo stato di salute del Bds? E a quali risultati ha portato fino a oggi?
Dal 2013 il contrasto al Bds è stato affidato al ministero degli Affari strategici. Lo stesso Ehud Barak (ex primo ministro israeliano, ndr) ammette che il movimento sta raggiungendo un “punto di svolta”, e l’ex capo del Mossad Shabtai Shavit ha scritto che “numerosi ebrei ne sono membri”, per questo rappresenta una sfida “critica”. L’elezione del governo della destra più estrema e razzista nella storia d’Israele ha svelato il suo vero volto di regime di oppressione. Questo ha aumentato la sofferenza palestinese, certo, ma ha anche intensificato la crescita, già impressionante, del Bds.
Eppure in Italia, parte della stampa mainstream ha accolto il boicottaggio accademico titolando “Hamas ringrazia”.
Il boicottaggio accademico è sostenuto dalla maggioranza assoluta della società civile palestinese inclusi i sindacati defli atenei e, recentemente, si sono unite le principali associazioni universitarie negli Stati Uniti, come l’American Anthropological Association, l’American Studies Association o la National Women Studies Association. E così in Sud Africa, Brasile, Irlanda, Italia, Belgio, Canada, e altrove, gli accademici danno appoggio pieno. Di conseguenza, il presidente israeliano Reuven Rivlin ha definito il boicottaggio accademico come una “minaccia strategica di massimo livello” per il regime. Non c’è da stupirsi che i media influenzati da Israele, in Italia e altrove, stiano facendo gli straordinari per cercare di minare questo significativo successo.
I rettori degli istituti che collaborano con il Technion, dicono che nella ricerca non valgono le ragioni della politica. Perché boicottare la “buona scienza” di un istituto famoso come il MIT di Israele?
Le università tedesche hanno prodotto ottima scienza negli anni Trenta, così il Sudafrica, sotto l’apartheid. Se l’accademia è complice di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani, come il Technion e le altre università israeliane, si deve chieder loro conto di questo, a prescindere dalla “ricerca buona” prodotta. Come ha detto l’arcivescovo Desmond Tutu: “Le università israeliane sono una parte intima del regime israeliano, per scelta attiva. Mentre i palestinesi non sono in grado di accedere a università e scuole, le università israeliane producono ricerca, tecnologia, argomenti e leader per mantenere l’occupazione.”
ll rettore del Technion ha dichiarato che le il 20 per cento dei suoi studenti sono arabi. Dove sarebbe la discriminazione, di cui lo accusa il Bds?
Molte istituzioni sudafricane avevano maggioranze nere, ma rimanevano istituzioni razziste. Il razzismo non ha nulla a che fare con percentuali e numeri, ma con una struttura egemonica che disumanizza gruppi indesiderati e nega loro uguali diritti. Nessuna propaganda può occultare il razzismo e la complicità del Technion, è tutto molto ben documentato.
Un’accusa contro il Bds è quella di antisemitismo “mascherato da retorica antisionista”.
L’ideologia sionista è intrinsecamente razzista e affermare che il boicottaggio di Israele sia antisemita è di per sé una dichiarazione antisemita, perché stabilisce un’equivalenza tra Israele e “tutti gli ebrei”, come se si trattasse di un blocco monolitico rappresentato esclusivamente da Israele. Israele ha paura perché il Bds rifiuta categoricamente ogni forma di razzismo, compreso l’antisemitismo, e chiede parità di diritti per tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro identità.
Eppure in Europa le accuse di antisemitismo fanno particolarmente presa.
La macchina della propaganda sionista accusa immediatamente qualsiasi sostenitore di Bds di “antisemitismo”. Questa tattica agghiacciante è particolarmente usata contro gli europei che sostengono il boicottaggio, dato il senso di colpa per l’Olocausto e dopo decenni che Israele canalizza questa colpa in complicità con il suo regime di oppressione contro i palestinesi con relativo successo. Ma questa strisciante tattica anti-semitica non funziona con i palestinesi, le vittime del sionismo e del suo progetto coloniale, che non hanno giocato alcun ruolo nell’Olocausto e non dovrebbero pagare, per questo, con i loro diritti.
Perché il Bds spaventa così tanto Israele?
Israele sta usando ogni inganno possibile per combattere il Bds: è in difficoltà a combattere un movimento non violento, moralmente coerente, che si basa sul diritto internazionale e aderisce rigorosamente ai principi della Dichiarazione universale dei diritti umani. A disturbare Israele c’è anche la rapida crescita del numero di giovani attivisti ebrei tra le fila del Bds. Questo ha costretto il regime a ricorrere alla sua arma preferita: accusare il movimento con accuse ridicole e infondate, che ripete attraverso la sua massiccia rete di propaganda.
Perché boicottare proprio Israele, quando ci sono molti altri paesi dove la violazione dei diritti umani è prassi quotidiana?
I governi occidentali non sostengono i regimi della Corea del Nord o sudanesi nelle loro violazioni dei diritti umani. Ma hanno stretto con Israele un rapporto molto speciale, privilegiato e ipocrita che mantiene il suo sistema oppressivo e lo protegge dalle responsabilità internazionali. I cittadini, poi, devono assumersi la responsabilità di porre fine a questa complicità.