Il vicepresidente di Facebook America Latina è stato arrestato a San Paolo oggi dalla polizia federale del Brasile. A rendere noto l’arresto di Diego Dzodan sono state le stesse forze dell’ordine brasiliane che hanno agito su mandato disposto dal giudice Marcel Maia Montalvao della città di Lagarto, nello stato di Sergipe, nel nord-est del Brasile.
Il motivo dell’incarcerazione è stata la mancanza di collaborazione in indagini su messaggi scritti su WhatsApp, di proprietà del gruppo di Mark Zuckerberg. In particolare, le autorità brasiliane hanno arrestato il dirigente di nazionalità argentina perché si è rifiutato di concedere la visualizzazione dei messaggi contenenti informazioni che fornirebbero la prova per un processo penale per traffico di droga caratterizzato dal segreto istruttorio. Un portavoce dell’azienda californiana ha risposto all’arresto dicendo che si tratta di un gesto “estremo e sproporzionato”, precisando sul sito tecnologico Gizmodo che “siamo sempre stati disponibili e continueremo ad esserlo a collaborare con le autorità”.
Non è la prima volta che l’azienda con sede a Palo Alto, California, entra in conflitto con le forze dell’ordine locali. Il primo dicembre scorso un altro giudice aveva bloccato temporaneamente il servizio di messaggistica WhatsApp per non aver rispettato per due volte la richiesta di accesso ai dati di alcuni utenti che, secondo quanto aveva riportato la stampa brasiliana, erano coinvolti in un cartello criminale.
La vicenda è simile a quella di cui si discute in tutto il mondo da giorni e che ha riguardato la Apple, che si è opposta alla richiesta dei giudici di decrittare l’iPhone usato dall’autore della strage di San Bernardino del 2 dicembre scorso, che ha provocato la morte di 14 persone. L’utilizzo di dati criptati per Tim Cook sarebbe “un precedente troppo pericoloso” e “che minaccia la sicurezza dei nostri clienti”. E intanto è arrivata la decisione del giudice James Orenstein della Corte distrettuale di New York in difesa della Apple per un altro episodio – legato ad un trafficante di droga – e contro la decisione della Fbi di forzare la password dell’iPhone.