La domanda è pertinente perché sono gli interlocutori spesso a porsela. L’avvocatura, sovente pubblicamente bistrattata, è comunque fondamentale per la tutela dei diritti. Non a caso subisce attacchi anche mortali nei Paesi in cui la democrazia vacilli. Chi parla a nome dell’avvocatura e perché? Partiamo da qualche numero: siamo 235.055 (a settembre 2015), 3,9 per ogni 1.000 abitanti; il 47,2% è donna (in Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria più degli uomini); il reddito medio è sceso da 54.298 euro (1996) a 37.505 attuali; 27.335 le pensioni erogate.

L’avvocatura nazionale ha una rappresentanza istituzionale (Consiglio Nazionale Forense, Cnf e Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, Cf) ed una politica (Organismo Unitario dell’Avvocatura, Oua per alcuni istituzionalizzata dopo il recente Ordinamento Forense). Ha poi una rappresentanza istituzionale locale (Ordini) e rappresentanze associative (tra cui Aiga, Anf, Movimento Forense, Anai, M.G.A., Camere Civili, Camere Penali, Camere Tributarie, Camere Minorili e varie associazioni a tema).

Se ciascuno rispettasse il proprio ruolo, funzioni e competenze avremmo pochi interlocutori facilmente riconoscibili. Il pugnace presidente del Cnf avv. Andrea Mascherin presiederebbe le funzioni giurisdizionali e amministrative regolamentari del Consiglio; l’ipercinetico e unitarista (uso un termine spagnolo) avv. Nunzio Luciano presiederebbe le funzioni previdenziali-assitenziali e amministrative regolamentari del Comitato dei Delegati e del Consiglio di Amministrazione; la laboriosa avv. Mirella Casiello si occuperebbe delle proposte politiche dell’avvocatura, come indicate dall’Assemblea e poi dal Comitato. Invece spesso si superano i propri confini e a conferma di ciò vi è un profluvio di azioni giurisdizionali volte a demolire qualsiasi regolamento, delibera, decisum, azione. Soprattutto dalle associazioni ma non solo. Conflitti a volte ben legittimi ma a volte aspri, pretestuosi, fantasiosi. Una conflittualità che travolge ogni giurisdizione (giudice ordinario, penale e civile; amministrativa).

Avvocatura contro l’avvocatura ma anche contro i (spesso mediocri) regolamenti ministeriali. Fonti spesso scritte male, a volte in supposta e intuibile violazione di legge. Una conflittualità, a volte anche con evidenti finalità “politiche”, che non giova certo alla legittimazione dei nostri rappresentanti, soprattutto all’esterno. Anzi, li indebolisce.

Prima di criticare la magistratura dovremmo però fare anche autocritica. Raramente avviene.

I motivi di tale bolgia sono tanti. Genetici-caratteriali: gli avvocati sono tendenzialmente litigiosi e pignoli, indulgenti solo con se stessi, egocentrici, autoreferenziali. Storici: l’avvocatura di un tempo è svanita, un miraggio, oggi l’accesso indiscriminato ha proletarizzato (nel bene e nel male) una delicatissima professione/missione. Generazionali: c’è un (anche) ingiustificato divario tra gli avvocati anziani e quelli giovani. Occupazionali: gli spazi di mercato oggi sono assai più ristretti e complessi rispetto al passato, con enormi responsabilità e adempimenti in più. Di rappresentanza: i sistemi elettorali (Cnf, Cf, Oua) sono assai diversi tra loro, poco rappresentativi, irragionevoli (perché il Cnf è eletto solo dagli Ordini?) e tali da agevolare alcuni soggetti già esistenti, escludendone altri più deboli (voto di lista).

Alcuni esempi. In queste settimane il Cnf è contestato perché ha deciso di avviare il quotidiano a diffusione nazionale, “Il dubbio. Legittima la necessità di comunicare meglio criticità e proposte dell’avvocatura alla società civile. Ma rientrava tra le sue funzioni? Non avrebbe potuto proporre l’iniziativa a Cf e all’Oua? E’ una scelta economica sensata in uno scenario di svalutazione dei giornali cartacei? Il dubbio sovviene. Altrettanto si censura la delibera dicembrina che ha attribuito indennità alle cariche apicali. C’è un po’ di populismo nella censura, atteso che l’indennità ha la funzione di compensare la perdita reddituale per chi dedica una parte rilevante all’avvocatura. Ma è opportuno attribuirsi indennità oggi in un contesto di picchiata reddituale?

Cf ha invece subito critiche per aver (dovuto) regolamentare gli iscritti sottoreddito, riconoscendogli la possibilità di pagare sino a ¼ dei contributi. Ma le pensioni chi le paga se no? In questi anni Cf ha intrapreso un profondo ed incisivo cambiamento rispetto al passato, proponendosi come Ca(s)sa Forense, accogliente e confortevole per tutti. Tuttavia la Casa sarà completa quando sarà veramente trasparente come il vetro (e questo vale anche per Cnf. Oua e Ordini), in cui tutti potranno leggere con un solo click ogni delibera, ogni atto, ogni verbale perché solo così gli elettori potranno valutare e decidere chi ha operato al meglio. Ed una casa in cui gli abitanti, entratici come critici del metodo “detilla” (forte “attaccamento” all’avvocatura), poi non si siano trasformati a loro volta in seguaci del suo credo, con un ancor più rapace attaccamento. Nessuno è insostituibile, ricordiamolo. Ed un ente quale Cf con un patrimonio di oltre 10 miliardi di euro, pretende una rotazione nelle cariche apicali. Perché l’interesse comune lo si persegue realmente anche rinunciando alle proprie irrefrenabili ambizioni.

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