C’è la longa manus della criminalità organizzata, che “negli ultimi decenni ha intuito con lucidità l’ampio potenziale” di un fenomeno “che presenta buoni margini di guadagno a fronte di un modesto rischio repressivo”. Ma anche l’esplosione dell’e-commerce, che “per le sue caratteristiche si presta perfettamente ad una dislocazione internazionale dell’attività”. Più un quadro normativo a dir poco farraginoso. Tutti fattori che mescolati insieme portano a danni economici per 600 miliardi di dollari all’anno (tra il 5 e il 7% dell’intero commercio mondiale) secondo i calcoli dell’Organizzazione mondiale del commercio. Sono solo alcune delle considerazioni contenute nell’ultima relazione della ‘Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo’ presieduta da Mario Catania (Scelta civica). Una fotografia impietosa, quella scattata dall’organismo parlamentare. Anche perché “le audizioni svolte nell’ambito di questa inchiesta – spiega l’ex ministro dell’Agricoltura del governo Monti – ci hanno fatto capire come nessun comparto produttivo, dai farmaci ai giocattoli fino all’alimentare, alla meccanica e ai cosmetici sia oggi sia esente dalla contraffazione: l’unico parametro che muove i contraffattori è il ritorno in termini di reddito”.
MERCATO PARALLELO – Se a livello europeo i problemi maggiori arrivano da paesi come Cina (da cui proviene il maggior numero di merci sospettate di violare i diritti di proprietà intellettuale), Turchia (per i profumi e la cosmesi) e India (farmaci), “danneggiando particolarmente i sistemi economici fortemente imperniati sulla ricerca, sull’innovazione e sulla creatività”, in Italia il fenomeno della contraffazione ha raggiunto cifre monstre. Secondo un report pubblicato da ministero dello Sviluppo economico e Censis, nel nostro Paese, con un fatturato illecito di oltre 6,5 miliardi (2012), la contraffazione ha sottratto al sistema economico legale nazionale 5 miliardi 280 milioni di entrate erariali (circa il 2% delle entrate) e 105 mila posti di lavoro. Creando addirittura un mercato parallelo visto che, è scritto nella relazione, l’industria del falso “segue lo stesso trend di quella legale”. Non solo. È infatti “significativa la percezione molto diffusa del fenomeno contraffazione come ‘ammortizzatore sociale’ che consente a persone indigenti di avere una qualche forma di sostentamento allontanandole da altre forme di delinquenza”. Proprio così. I più attratti dal commercio abusivo? I giovani. Il 74,6% di loro acquista regolarmente prodotti contraffatti, soprattutto capi d’abbigliamento, cd e dvd e accessori. Due i principali motivi: il risparmio e il bisogno.
MINACCE E CONNIVENZE – In questo quadro negativo a farla da padrona è la criminalità organizzata. La quale “ha saputo sfruttare la potenzialità della globalizzazione – dice il report della commissione – articolando i propri traffici a livello transnazionale attraverso un’ottimale divisione del lavoro”, utilizzando “vari canali di vendita anche al fine di eludere i controlli e beneficiare delle maglie larghe della legislazione”. Spesso, e questo è forse il principale paradosso, sfruttando persino il mercato ‘legale’. Come? “Vi sono casi in cui la disponibilità degli imprenditori” a vendere nei loro negozi merce contraffatta “viene estorta con l’intimidazione da parte della criminalità organizzata, ed altri in cui le medesime reti etniche coinvolte nella produzione e/o nel traffico di prodotti contraffatti svolgono un ruolo attivo anche nella sua commercializzazione al dettaglio”. Senza dimenticare il ruolo di “grossisti conniventi che offrono prodotti contraffatti insieme agli originali”. Ad essere maggiormente colpito è ovviamente il made in Italy, strettamente collegato ad un altro fenomeno in forte ascesa: quello del cosiddetto Italian sounding (la commercializzazione di prodotti che portano nomi di marchi che ‘suonano’ come italiani). Un danno per i produttori che si aggira intorno ai 60 miliardi l’anno e che “si muove in un’ampia ed indefinita zona grigia”.
GIRO DI VITE – Ma come invertire il trend? La relazione contiene alcune proposte normative in materia penale. Perché “l’impianto di norme vigenti è obsoleto, risale al codice Rocco, quindi agli Anni ‘30 del secolo scorso e non è aderente alla realtà attuale del fenomeno – aggiunge Catania –. Basti pensare al fatto che, a fronte di una mole imponente di denunce e di illeciti riscontrati dalle forze di polizia, sono pochissimi i casi che arrivano a sentenza”. In primis, quindi, serve “una nuova collocazione delle figure di reato relative alla contraffazione nel codice penale vigente, con la strutturazione di questi reati come ‘di pericolo’ anziché ‘di danno’ al fine di perseguirli con maggiore incisività”. Inoltre siccome “oggi vengono puniti allo stesso modo il venditore abusivo e il criminale internazionale che gestisce la filiera della contraffazione”, viene proposto “un reato autonomo di contraffazione ‘sistematica e organizzata’ (vale a dire per quei reati in cui sia accertata la presenza della criminalità organizzata), con un inasprimento della sanzione che lo smarchi dalla tenuità del fatto”. Serve poi un “rafforzamento del coordinamento delle forze di polizia”, valutando “forme di specializzazione per quelle impegnate nel settore – conclude il deputato di Scelta civica –. A ciò va aggiunto quello del ruolo della polizia amministrativa nel contrasto alla contraffazione”.
Twitter: @GiorgioVelardi