“Sono il più grande playmaker di sempre, ma mi frega l’altezza”. Una frase del genere potrebbe essere stata pronunciata da “Muggsy” Bogues, bandiera degli Charlotte Hornets. Centosessanta centimetri di altezza e tanti anni di onorata carriera in Nba ma non è lui che la disse. Il playmaker in questione si muoveva tra le linee di un pentagramma e le sue “giocate” lo fecero diventare un gigante in campo musicale. Quattro anni fa moriva Lucio Dalla, artista ecclettico che ha abbracciato diversi generi musicali lasciando sempre il segno. Il 1 marzo del 2012 era a Montreux dove il 29 febbraio (anno bisestile) si era esibito e, a pochi giorni dal suo famosissimo compleanno, il suo cuore si fermò. Non è la sua sconfinata produzione musicale che mi permetto di ricordare oggi. Il musicista Dalla e le sue note si possono incontrare ovunque ci sia una radio, una tv, un pc o qualcuno che abbia voglia di suonare e cantare.
Io voglio parlare del playmaker, quello che indossava il completino delle “Vu nere” con il numero 4 e, in alcune foto, si vede contendere il pallone a Gus Binelli, giocatore della Virtus Bologna. La squadra del cuore di Dalla era la Virtus e quando Bologna era la “città del basket” chissà quanto avrà gongolato Lucio che amava quello sport. È questo il tema del mio post di oggi, la passione sportiva di artista complesso che quando indossava i panni del tifoso era capace di immaginare e creare musica. Il binomio Lucio Dalla-sport è forte, e, partendo dalla fine, la Gazzetta dello Sport decise di onorare la sua scomparsa dedicandogli una prima pagina speciale con titoli ispirati alle sue canzoni.
Tra le tantissime, scritte in 50 anni di carriera, alcune, non potevano che nascere dalla sua vena sportiva. C’è una foto del 1978 di Dalla “calciatore” in una posa di squadra con a fianco Guccini. Partiamo dal calcio e da un luogo, lo Stadio Dall’Ara di Bologna dove probabilmente si ispirò per scrivere “Baggio Baggio”, dedicata al campione vicentino che in rossoblù visse una grande stagione (1997/98). Anche “Un uomo solo può vincere il mondo”, è legata allo sport: questa canzone, del 2008, accompagnò la spedizione italiana alle Olimpiadi di Pechino. Mi permetterete, solo stavolta, canzone e spedizione azzurra, non proprio eccezionali.
Campioni ma anzitutto uomini, i ritratti sonori di Dalla, quelli più efficaci avevano bisogno di appigli profondi. La profonda malinconia del ricordo di Ayrton Senna, la profonda conoscenza delle strade della Mille Miglia cui prese parte tre volte. La sua nota passione motoristica trovò spesso espressione: ne “Il motore del 2000” ma soprattutto in “Nuvolari” dedicata al grande pilota degli anni ’30 e “Due dita sotto il cielo” in cui canta le gesta di Valentino Rossi.
Il mondo dello sport lo chiamava spesso ad arricchire con la sua musica eventi e trasmissioni: particolare, come sempre, “Sono in fuga”, sigla del Giro d’Italia 2003. Anche il ciclismo divenne musica, ma alla pallacanestro? Il suo sport preferito non ha ricevuto omaggi dal playmaker col berrettino? Una cosa c’è ma non tutti la ricorderanno: quando la Rai trasmetteva le dirette dai campi c’era una sigla introduttiva che fondeva dei cori da palazzetto allo stile inconfondibile di Dalla. Uno che della pallacanestro diceva: “A differenza di altri sport, ogni venti secondi ti regala un’emozione” non poteva che concepirla così, “Bim Bum Basket” era il titolo della sigla nella quale “palleggiava” con le labbra giocando, a modo suo, con la parola basket (ba-ba-basket). Poche note in cui, sghignazzando e fischiettando, ha riversato se stesso e il divertimento che la palla a spicchi gli trasmetteva. Al suono dell’ultima sirena, quel piccolo playmaker è risultato un gigante.