Migliaia di persone sono ancora accampate a Idomeni, alla frontiera tra Grecia e Macedonia che, all’indomani degli scontri, rimane chiusa. Oltre la barriera che separa i due paesi, ci sono almeno 2500 bambini e secondo l’Unhcr al confine sono in tutto sono 8mila le persone in attesa di proseguire il viaggio verso nord, a cui bisogna sommarne altre 3mila dei centri di accoglienza improvvisati nella vicinanze. Un’emergenza alla quale Bruxelles vuole fare fronte con un Regolamento per misure di sostegno finanziario d’emergenza “per operazioni di soccorso umanitario”, che si concretizza nella necessità di stanziare 700 milioni di euro in tre anni da destinare “in particolare ai Paesi europei lungo la rotta dei Balcani occidentali“. 300 nel 2016, 200 nel 2017 e altrettanti nel 2018. Lo scopo è “affrontare i crescenti bisogni umanitari in Ue di fronte alla crisi di profughi e migranti”. La proposta dovrebbe essere adottata domani dal collegio dei commissari.

La tensione in tutta Europa rimane alta e i numeri delineano uno scenario che “preoccupa molto” Bruxelles, come spiega il portavoce della Commissione Margaritis Schinas. L’unica soluzione, spiega, “è quella europea”, mentre è necessario che la Macedonia agisca “in conformità alla legge internazionale“. I numeri sono questi: nonostante gli impegni di ricollocare 66.400 rifugiati dalla Grecia, i Paesi Ue hanno sinora solo annunciato 1.539 accoglienze e solo 325 persone sono state effettivamente ricollocate. In più il flusso di arrivi nel Vecchio Continente nei primi due mesi dell’anno, secondo Frontex, è aumentato di 30 volte rispetto allo stesso periodo del 2015. A gennaio e febbraio di quest’anno, specifica l’Unhcr, sono arrivati in 131.724 attraverso il Mediterraneo e oltre il 90% di loro (122.637) sono sbarcati in Grecia. La cifra è superiore a quella registrata dopo i primi 5 mesi del 2015. Numeri che segnalano come l’Europa sia “oggi sull’orlo di una crisi umanitaria che in gran parte si è autoindotta“.

Tusk: “L’Austria ha sopportato un pesante fardello in questi mesi” – E la soluzione europea è anche quella auspicata da Vienna che, però, difende la sua scelta del tetto limite all’accoglienza di 37.500 richiedenti asilo l’anno. “L’Austria non è la sala d’attesa per la Germania” e questo “non può essere il piano B” di Bruxelles, ha detto il cancelliere Werner Faymann, che ha così reagito in toni aspri alle frasi della Merkel, che in un talkshow domenica ha criticato la politica austriaca. “Chi è favorevole ai profughi, come i nostri vicini tedeschi – ha detto – può prenderli direttamente dai centri di smistamento“. A smorzare i toni interviene però il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che ha sottolineato come l’Austria in questi mesi abbia sopportato “un pesante fardello per la crisi dei migranti. Non solo ha lasciato entrare 90mila rifugiati nel 2015, ma continuerà a rimanere aperta ai rifugiati nel futuro“. E ha concluso: “Oggi stiamo aprendo un nuovo capitolo della nostra lotta con la crisi dei migranti che si intitola: ‘Ritorno a Schengen‘”.

Nato, “timore dell’arrivo di terroristi” – Nel flusso quotidiano di rifugiati verso l’Europa ci sono terroristi, criminali e foreign fighters: lo ha affermato in una audizione davanti ad una commissione del Senato il comandante Nato in Europa, il generale Philip Breedlove. A suo avviso, l’Isis “si sta diffondendo come un cancro” in questo mix, “sfruttando il vantaggio di vie di minor resistenza, minacciando l’Europa e noi stessi“. Breedlove ha anche accusato la Russia di aver “enormemente esacerbato il problema” con le sue azioni in Siria.

“La Russia e Assad stanno usando la migrazione come un’arma per schiacciare le strutture di supporto europee e distruggere la risolutezza europea”, ha proseguito. Mosca, “nonostante i suoi pronunciamenti pubblici, ha fatto poco per fronteggiare l’Isis ma ha rafforzato il presidente siriano Bashar Assad“. L’alto ufficiale ha citato l’uso delle ‘barrel bomb’ (le bombe imballate in fusti di grandi dimensioni) contro i civili in Siria per “terrorizzarli” e “metterli in fuga”. Breedlove ha anche ammonito sul rischio che l’opposizione dei nazionalisti locali in Europa al grande flusso di immigrati possa portare alla violenza.

A Calais riprende lo sgombero della Giungla – La situazione è ancora instabile anche a Calais, dove è ripreso lo sgombero della tendopoli Giungla, interrotta ieri pomeriggio dopo gli scontri avvenuti tra migranti e polizia. A differenza di quanto pubblicato da molti media, secondo Le Figaro la notte è stata tranquilla e non si sono verificate tensioni dopo che gli agenti hanno ripreso in serata il controllo dell’imbocco dell’autostrada A16 che era stata bloccata.

Onu: “Condizioni di affollamento e tensioni che fanno il gioco dei trafficanti” – Guardando proprio alla Grecia, al momento sono circa 30mila i migranti bloccati nel Paese, e che sperano di poter continuare il loro viaggio verso nord. Dopo gli scontri registrati ieri, quando la polizia macedone ha respinto con gas lacrimogeni le centinaia di rifugiati che si sono scagliati contro la recinzione chiedendo l’apertura delle frontiere, la situazione oggi è relativamente calma. Quello che preoccupa, però, sottolinea l’Onu, sono “le condizioni di affollamento” che “stanno portando a carenza di cibo, rifugio, acqua e igiene. Come tutti abbiamo visto ieri, le tensioni stanno creando e alimentando la violenza e facendo il gioco dei trafficanti“. La Grecia, ha detto il portavoce Adrian Edwards, “non può gestire questa situazione da sola”.

Boldrini: “Quello che accade è indegno dell’Europa” – Una situazione che spinge anche la presidente della Camera Laura Boldrini a chiedere una risposta comune europea all’afflusso dei migranti, che “sarebbe la vera risposta alla crisi”, che riusciremmo così ad evitare. Quello che invece sta succedendo, ha detto, “è indegno dell’Europa, non è l’Europa che vogliamo”.  Secondo Boldrini “dobbiamo rispondere alla crisi aderendo all’impegno preso dal Consiglio europeo, rispettando le quote di riallocazione dei profughi dall’Italia e dalla Grecia. Se tutti gli Stati membri agissero di concerto non ci sarebbe crisi dei rifugiati”.

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