Ribaltata la richiesta dello stesso pm: l'attuale direttore generale di Telt, già presidente dell'osservatorio Torino-Lione, avrebbe evitato di consegnare a due amministratori locali, contrari all'opera, il materiale richiesto. E nemmeno avrebbe agito dopo una sentenza del Tar che gli imponeva di farlo
Non ha permesso ai No Tav di vedere i documenti richiesti e non ha rispettato la sentenza che lo obbligava a farlo. Per questo sarà processato Mario Virano, ex commissario del governo ed ex presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione e attuale direttore generale della Telt, società che dovrà costruire la discussa linea ad alta velocità. Lo ha stabilito ieri il gup di Torino Gianni Macchioni, che ha ordinato al sostituto procuratore Giancarlo Avenati Bassi di formulare l’imputazione nei confronti di Virano.
Virano è accusato di omissione di atti d’ufficio per non aver consegnato dei documenti richiesti da Alberto Veggio e da Maria Grazia Di Pietro, due amministratori locali della Val di Susa e militanti No Tav. Otto anni fa, precisamente il 27 febbraio 2008, i due avevano chiesto alcuni atti all’Osservatorio per la Torino-Lione guidato dall’architetto torinese con un passato nel Pci. Per cinque volte Virano ha negato loro la possibilità di ottenere quei documenti per la mancanza di interesse giuridico. Veggio e Di Pietro, allora, hanno fatto ricorso al Tar del Piemonte che il 4 luglio 2008 ha ordinato all’Osservatorio di consegnare il materiale riguardante le questioni ambientali. Il loro avvocato, Stefano Bertone, ha iniziato così un lungo carteggio per far valere il diritto dei suoi clienti sancito dalla sentenza, ma prima l’ente ha tergiversato, poi ne ha consegnato solamente una parte. Soltanto nel febbraio 2013 sono stati messi a disposizione i documenti richiesti dai No Tav, ma nel frattempo era partito un esposto alla procura di Roma.
La pm Maria Cordova aveva chiesto e ottenuto allora il rinvio a giudizio per omissione di atti d’ufficio, ma nell’aprile 2014, alla prima udienza, il tribunale ha inviato gli atti a Torino per competenza territoriale. Qui il fascicolo è rimasto fermo per mesi e nell’autunno 2015 il pm Avenati Bassi ha chiesto l’archiviazione dell’indagine su Virano perché riteneva di non avere abbastanza elementi per sostenere l’accusa nel processo: secondo lui a provocare il ritardo nella consegna degli atti erano state alcune “difficoltà pratiche, legate al trasloco dell’ufficio, nonché da difficoltà interpretative” della decisione del Tar, è riassunto nell’ordinanza di lunedì.
Veggio e l’avvocato Bertone si sono opposti sottolineando che la vicenda doveva essere “letta alla luce del contesto politico in cui è innestata, in grado di spiegare l’atteggiamento di chiusura di Virano, volto a non favorire il movimento No Tav”.
Nella sua ordinanza il giudice Macchioni ha messo in fila i tempi. La sentenza del Tar “è rimasta ineseguita fino al 15 dicembre 2010” e “per più di due anni, dunque, lo stesso (Virano, ndr) si è sottratto dall’esecuzione”, ha scritto nell’ordinanza. Soltanto dopo le diffide legali l’ex commissario ha dato ordine di preparare la documentazione richiesta. A quel punto, ha poi tentato di dare a Veggio il compito di precisare quali documenti servissero, cosa che invece doveva fare lui: questo fatto “rende ancor più evidente la gravità dell’inerzia”.
Ha smentito anche il pm affermando che “non sembra sostenibile la tesi del ritardo colposo dovuto a difficoltà organizzative” perché queste “non appaiono tali da giustificare la mancata ottemperanza ad un compito di non difficile esecuzione”. E cosa doveva fare Virano? “Visionare 5 documenti e valutare se essi avessero attinenza con la materia ambientale”. Tuttavia “per più di un anno non si è recato a procedere alla loro visione, né, a quanto consta, si è attivato diversamente”. Insomma, secondo il gip ci sono gli elementi per processare Virano. “Dopo otto anni di battaglie l’ordinanza parla da sola”, è l’unico commento dell’avvocato Bertone.
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Aggiornato da Redazione Web il 1 marzo 2016 alle ore 21.02