C’è un momento in cui tutto cambia, scorre un attimo tra il prima e il dopo e nulla d’un tratto è più lo stesso. L’arrivo di un figlio avvolge e stravolge e la realtà, spesso, supera ogni aspettativa. Tutto sembra essere di più: più bello, più grande, più amoroso, più coinvolgente. Ma anche più stancante, più totalizzante e, in alcuni casi, più alienante. Nessuno te lo dice di quanto la bellezza sia proporzionale alla fatica. Nessuno te lo vuole dire o semplicemente, non c’è nulla da rivelare che le parole possano raccontare. La fotografia invece può farlo, ed è quello che Mariangela Triepidi, nella mostra fotografica Another Mother, prova a svelarci.
Quarantaquattro scatti che danno il senso ad altrettanti racconti, dietro ognuno una storia in bianco e nero, un pensiero sfumato, di un’altra maternità possibile. Di maternità non ce n’è una sola e questa mostra, che verrà inaugurata il 4 marzo, al teatro del Lido di Ostia, proprio a ridosso della Giornata internazionale della donna, è qui per dircelo. Una maternità senza stereotipi, libera dalle convenzioni e dai luoghi comuni. Un ritratto onesto e veritiero, che restituisce alle mamme una dimensione reale.
Un tema caldo e sempre più attuale quello della maternità legata agli stereotipi e alle convenzioni, che sta iniziando lentamente a scemare. Con impegno, fatica e ostacoli contrapposti, gli stessi che incontrano la maggior parte dei luoghi comuni basati sul genere, ma col coraggio di chi vuole dare una nuova narrazione. Quest’anno, il moltiplicarsi delle iniziative sulla maternità, organizzate proprio in occasione dell’8 marzo (da Mothers di Zeroviolenza all’iniziativa I Love mum nella Casa internazionale delle donne), dimostrano quanto il binomio maternità e diritti cavalchi sempre più l’onda del riconoscimento. E questo non tanto perché parlare onestamente di maternità, al di fuori da ogni retorica, aiuterebbe le donne a superare i limiti e le fatiche quotidiane, ma perché le renderebbe più consapevoli. Di loro stesse e delle altre intorno, e per questo meno sole.
E così dopo il progetto fotografico Swedish Dads di Johan Bävman che demolisce l’ideale del papà perfetto svedese, Another Mother vuole fare altrettanto per le mamme. Vuole essere un essere un inno al diritto alla felicità ma anche all’infelicità di ognuna di noi, un racconto sincero su come la maternità possa rappresentare per una donna la conquista del mondo e al contempo la perdita di tutto. Un viaggio a colori e in bianco e nero, al di fuori da ogni retorica, capace di cogliere le mille sfumature dell’essere madri.
E allora quest’anno, per l’8 marzo, la mia dedica non può essere che per loro:
“A tutte le equilibriste, alle funambole che attraversano sul filo del rasoio ogni pezzetto del giorno.
Alle mamme che corrono e a quelle che invece hanno deciso di fermarsi, a chi fatica nella conciliazione dei tempi del lavoro con quelli della vita familiare, senza riuscire a riannodare i fili né dell’uno né dell’altro. Alle donne che lottano e sfidano gli stereotipi e i pregiudizi, a quelle che attraversano imperterrite gli sguardi infastiditi dei colleghi di fronte a una seconda gravidanza e camminano a testa alta nei corridoi degli uffici.
Alle lavoratrici che naufragano dietro un parabrezza di pioggia, nel traffico che le separa prima dal lavoro e poi dalla famiglia e a quelle che soffocano tra gli incastri di una vita in apnea, dove tutto dovrebbe coincidere ma niente combacia.
Questo 8 marzo è anche per voi”.