Quello del visto di registrazione negato alla nomina del coordinatore del Servizio informative parlamentari e Corte di Giustizia Ue del dipartimento per le Politiche europee è solo uno degli ultimi casi finiti nel mirino della magistratura contabile. Che, alla fine, hanno costretto il segretario generale della Presidenza del Consiglio ad intervenire di persona. Con una lettera indirizzata ai capi dei dipartimenti e ai responsabili degli uffici per richiamare tutti al rispetto delle regole. “Anche in relazione ai più recenti orientamenti della Corte dei Conti, di non ammettere più al visto di registrazione alcune modalità di conferimento di incarichi dirigenziali”, scrive nella missiva – che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare – il numero uno della gerarchia amministrativa di Palazzo Chigi, Paolo Aquilanti. Che, in attesa della “definizione di nuove direttive”, ha esortato a seguire “le procedure di conferimento mediante interpello”.

SEDI VACANTI – Ed è proprio per un interpello contestato che i giudici contabili, il 28 gennaio scorso, hanno ricusato il visto alla nomina di una delle figure chiave del dipartimento per le Politiche europee. E pensare che lo scorso novembre, intervistato da Il Messaggero, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei Sandro Gozi l’aveva presentata con toni entusiastici: “Abbiamo ereditato una struttura indebolita e disorganizzata. Quindi serviva una rivoluzione. Riorganizzato il rapporto tra livello politico e amministrazione proprio in questi giorni è stata coperta la figura di coordinatore informative parlamentari. Il capo Struttura di missione (per le procedure d’infrazione alla normativa Ue, ndr) sarà trovato invece entro l’anno”. La prima è stata bocciata dalla Corte dei Conti, il secondo, a due mesi dalla scadenza indicata, non è stato ancora nominato. Due uffici chiave in seno al dipartimento guidato da Diana Agosti che, insomma, continuano a rimanere scoperti. Nonostante le delicatezza delle funzioni ad essi demandate. Per il coordinatore del Servizio informative, che ha il compito di provvedere “all’adeguamento coerente e tempestivo delle amministrazioni pubbliche agli atti dell’Unione europea” e di “prevenire il contenzioso dinanzi alla Corte di giustizia” dell’Ue, nell’aprile 2015, la Presidenza del Consiglio aveva attivato una procedura d’interpello con carattere d’urgenza. Tra i candidati era stato individuato l’assegnatario che, tuttavia, “per sopravvenute ragioni di ordine personale e familiare” aveva rinunciato. A questo punto, la scelta è ricaduta su Aurelio La Torre che, a seguito della soppressione del posto dallo stesso ricoperto presso che la Scuola nazionale dell’amministrazione, ha ottenuto l’incarico lo scorso ottobre.

RICORSI E RICHIAMI– Una decisione contro la quale Pietro Maria Paolucci, uno degli esclusi che avevano partecipato all’interpello, ha presentato, ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio contestando la legittimità della nomina del collega avvenuta a suo avviso “prescindendo dalla procedura di interpello. Il 27 gennaio scorso il Tar si è dichiarato incompetente, ma a bocciare la nomina c’ha pensato, il giorno seguente, la sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del governo e delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti. Perché “l’incarico dirigenziale è stato conferito”, sul presupposto “di una urgenza che in realtà non sembrava sussistere”, senza “il previo esperimento delle procedure di interpello” che corrisponde sia “alla necessità di assicurare la soddisfazione delle esigenze di trasparenza, non discriminazione e buona amministrazione” sia “di tener conto delle aspirazioni degli interessati”. Tra i quali, nel caso specifico, anche Paolucci che è anche segretario generale del sindacato Dirstat. Sentito da ilfattoquotidiano.it, visto il suo interesse personale nella vicenda, ha preferito non commentare la decisione dei magistrati contabili. Che non hanno accolto i rilievi della Presidenza del Consiglio secondo la quale l’assegnazione dell’incarico a La Torre “si era resa indifferibile per garantire il diritto al posto del dirigente, onde evitare di lasciarlo privo di adeguata collocazione”. Dal dipartimento per le Politiche Ue, lo staff del sottosegretario Gozi, confermando il percorso che ha portato alla designazione di La Torre, spiega che “la sua nomina per ragioni procedurali non è stata registrata dalla Corte dei Conti che ha ritenuto dovesse procedersi a nuovo interpello”. Già “regolarmente bandito”.

TUTTO DA RIFAREQuanto alla Struttura di missione – cui è demandato il compito di prevenire l’insorgere del contenzioso Ue e di rafforzare il coordinamento delle attività volte alla risoluzione delle procedure d’infrazione” – essa “è retta ad interim con delega di funzioni da altro dirigente interno al dipartimento”. La vacanza dei vertici dei due uffici non ha impedito, tiene ad evidenziare lo staff di Gozi, di ottenere risultati lusinghieri: “Dalla data di insediamento del governo Renzi sono state chiuse ben 36 procedure di infrazione (-30,25% sul totale) e, attualmente, ne rimangano pendenti 83”. Un dato che “rappresenta un successo storico, il migliore raggiunto dal nostro Paese negli ultimi anni” a dimostrazione “che è stata ormai intrapresa la tendenza alla diminuzione del monte infrazione”. Peccato, però, che non si possa sapere quanto l’Italia abbia risparmiato grazie agli sforzi del governo. “Per quanto concerne il dato relativo all’ammontare delle possibili sanzioni che sarebbero derivate dalle procedure chiuse positivamente”, chiariscono dallo staff di Gozi, “non è possibile calcolarlo ex ante, in quanto le procedure archiviate sono state risolte prima della comminazione delle sanzioni pecuniarie. Stesso discorso per le “possibili sanzioni che potrebbero derivare dalle procedure ancora aperte”, dato pure quello “non è quantificabile”. Quel che è certo è che, finora, le condanne comminate all’Italia dalla Corte di giustizia europea per violazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Ue sono costate alle tasche degli italiani quasi 160 milioni di euro. Una stima, peraltro, ancora provvisoria, come spiega una nota del Servizio Studi del Senato, dal momento che le sanzioni prevedono anche una serie di penalità di mora in caso di ritardata ottemperanza.

SINDACATI IN CAMPO – Tornando all’intervento del segretario generale, reso evidentemente necessario per evitare casi analoghi a quello del dipartimento delle Politiche europee, la lettera di Aquilanti è stata accolta con favore dai rappresentati di categoria. “Una lettera perfettamente in linea con quanto prescritto dalle norme contrattuali – assicura Marcello Di Donato, coordinatore generale Cisl Fp della Presidenza del Consiglio –. Più volte mi sono ritrovato nella condizione di dover ricordare all’amministrazione la necessità di attivare le procedure d’interpello per l’assegnazione degli incarichi dirigenziali. E ora anche il richiamo del segretario generale sembra andare nella stessa direzione”. Un richiamo generale ma, probabilmente, rivolto soprattutto a quegli uffici dove più di altri si sono verificate situazioni anomale. “Evidentemente qualche struttura, in seno alla Presidenza del Consiglio, ha assegnato incarichi dirigenziali ovviando alle procedure d’interpello – prosegue Di Donato –. Come accaduto, per quanto a mia diretta conoscenza, al dipartimento della Protezione civile dove, in alcuni casi, abbiamo riscontrato la tendenza ad attingere personale dall’esterno prima ancora di aver accertato se all’interno dell’amministrazione fossero disponibili adeguate professionalità per ricoprire quegli incarichi – conclude il sindacalista della Cisl –. Da questo punto di vista direi che la lettera del segretario generale è assolutamente opportuna”. Sul tema della trasparenza nel conferimento degli incarichi dirigenziali c’è addirittura chi, come il segretario generale dell’Unadis, Barbara Casagrande, ha lanciato una vera e propria campagna dal titolo eloquente: “Il buon interpello: io partecipo!”. Per chiedere che “gli interpelli delle Amministrazioni contengano clausole leali e ragionevoli”; che “sia data notizia a tutti i candidati alla procedura dell’esito dell’interpello”; e che siano pubblicati sui siti internet “i curricula dei partecipanti alla procedura e del vincitore”. Il problema, spiega la Casagrande, “è il diffuso scetticismo dovuto alla sensazione che sia già tutto deciso prima ancora che si svolga la procedura di assegnazione”. Alimentato, aggiunge, dal fatto che spesso “gli interpelli sono ritagliati sui requisiti della persona anziché su quelli dell’incarico da ricoprire”. E ai colleghi lancia un appello: “Partecipate a tutti gli interpelli per i quali ritenete di avere un curriculum adeguato – conclude –. E’ l’unico modo per far emergere l’importanza del ‘buon interpello’, funzionale alla rotazione dei dirigenti e fulcro della prevenzione della corruzione”.  E Arcangelo D’Ambrosio, segretario generale del Dirstat, aggiunge: “I mali della pubblica amministrazione sono, da sempre ed esclusivamente, da imputare ad una classe politica” che “da un lato, premia non dirigenti preparati ma, piuttosto, dirigenti fedeli” e “dall’altro, quando la “macchina pubblica” non funziona perché quei manager privi di professionalità scelti dalla politica non sono in grado di farla funzionare efficientemente, imputa tutti i mali del Paese all’inefficienza della pubblica amministrazione”.

 

 

Twitter: @Antonio_Pitoni

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