Ci sono donne che hanno mestruazioni dolorose. Inutile girarci attorno. Il fatto è che il mondo finge di non accorgersene, salvo le case farmaceutiche che, per amor di profitti e produttività, vendono magiche pillole che nascondono il sintomo senza curare la causa. A tutti quelli che sogghignano alla vista degli spot in cui un povero lui osserva le colleghe ringhianti, tenendo nel cassetto un’enorme scorta di antidolorifici, va svelata un’inaccettabile verità. Le mestruazioni a volte fanno male. E non per via dei sintomi dei quali parlavano misogini vecchi e un po’ più nuovi. Non si tratta della cattiva influenza che la mestruazione porta con se. Assieme al carico di pregiudizi e stereotipi sessisti che non ci abbandonano mai. “Quei giorni” per alcune sono orribili. Non basta una borsa d’acqua calda sull’addome. Non basta l’antidolorifico. Non basta nulla se non almeno una giornata, o due, a stare rannicchiate a letto o sul divano, con le gambe molli e quei forti segnali che l’utero invia, come se dovessero sentirli anche gli abitanti di Marte.
Tra tutti i datori di lavoro che non accettano le donne incinte, tra quelli che fanno firmare le dimissioni in bianco per buttarti fuori appena hai un minimo ritardo, sicuramente troverete quelli che vi scartano, scegliendo, a parità di competenze, un uomo, solo perché voi avete le mestruazioni. Gli uomini, si sa, secondo i “padroni”, sono più produttivi. Si assentano meno, e poi non pesa sulla loro testa quell’orribile pregiudizio che porta a pensare che le donne inventino altalenanti umori e dolori vari per assentarsi dal lavoro. Se ti concedono il congedo per maternità già vedi quelli che, secondo malelingue, dicono che ne approfitti. E dire che le donne pagano le tasse come tutti e se non possono assentarsi quando sono gravide o hanno appena partorito, allora quando?
Figurati se parli di congedo quando hai le mestruazioni. A Bristol, in un’azienda che ha 24 dipendenti donne su 31, la direttrice ha dimostrato che se le dipendenti, nella fase acuta del periodo mestruale, possono contare su un paio di giorni di congedo, quando tornano al lavoro sono molto più produttive. Non mi sorprende che altrove le aziende abbiano capito che non pressando i/le dipendenti, e questo vale in generale, garantendo una migliore qualità delle relazioni e del rapporto tra dipendenti e dirigenti delle aziende, a guadagnarci è la qualità del lavoro e la produttività. Non è certo un regalo. È una scelta lungimirante e acuta.
Ed è una scelta che hanno fatto già molto tempo fa in Giappone, Corea del Sud, Filippine, Taiwan, Hong Kong, Cina. Invece qui da noi è già complesso parlare della riduzione al 4% sull’Iva per gli assorbenti. Figuriamoci se proponi cose del genere per le donne, già malviste, pagate meno degli uomini, indotte ad accettare lavori più “flessibili”, dove flessibilità sta per un ipocrita “cara, ti aiutiamo a conciliare lavoro fuori e dentro casa” e si risolve in un più reale “non sarai mai economicamente indipendente perché ti valuteremo sempre meno”. Però, dato che in questo periodo ci avete sfrantumato l’utero e le ovaie, essendo voi interessatissimi al nostro stesso “bene”, forse parlarne non è una cosa brutta, no?
Suggerisco alle donne che hanno un lavoro di esigere giorni di malattia quando stanno male, perché non è necessario essere invisibili. Non dovete temere di disturbare e di pretendere modalità diverse per cambiare dinamiche lavorative plasmate sulle necessità maschili. Pur non inserendo questo capitolo tra le vostre rivendicazioni pubbliche, di certo sapete quanto è dura andare a lavorare a gambe mosce, con i muscoli intorpiditi, il mal di testa che ti strappa via il cervello, dolori al ventre come se ti stessero spezzando in due. Non succede a tutte, ma accade ad alcune, e se ti accade non è di certo colpa tua. Anche di questo la società deve farsi carico. Si disturbano a mettere becco su tutto quel che ti riguarda, preoccupatissimi e invadenti, fino alla pubblica espropriazione del tuo privatissimo corpo, affinché tu ne faccia un corretto uso riproduttivo, ma non gliene frega niente del fatto che ogni mese per te è un inferno o che – e questa è un’altra, o forse la stessa, storia – tu debba partorire con dolore (oh, l’epidurale, questa sconosciuta!).
Lascia stare le pubblicità in cui le donne fingono di avere mestruazioni prive di disturbi di ogni tipo, quelle che fanno spot per gli assorbenti e sembrano sempre in forma smagliante, addirittura pronte a lanciarsi da un aereo. Lascia stare quelle che vedi in tv e che ti lasciano pensare alla magia di un tampax, grazie al quale tu puoi andare a ballare con il tacco 12, fare sport, andare al lavoro senza disturbare nessuno con quel tuo fastidioso momento. Lascia stare chi ti impone di credere che nulla potrà mai inficiare la tua efficienza e il tuo grado di redditività. Lascia stare chi ti fa vergognare se macchi di sangue il tuo vestito perché l’assorbente non basta o non l’hai cambiato in tempo. Anche quello è un disagio e se provi vergogna, se pensi di puzzare, di dover nascondere quel tuo momento, non è certo perché un bel giorno ti sei svegliata e hai deciso di fare così. Inizia tutto dal momento in cui hai le prime mestruazioni e tua madre ti fa capire che non puoi parlarne, ché devi usare nomignoli vari per accennare al “ciclo”. Lascia stare chi ti vuole sempre in forma e sorridente anche se dentro senti strizzare le viscere come se qualcuno avesse messo in moto la centrifuga. Lascia stare tutto e, infine, rivendica il fatto che tra donna e donna c’è differenza. A me può non fare male e a te invece sì. Per te è utile che si riservi copertura sanitaria per giorni di malattia cui hai diritto e serve che nessuno possa ricattarti o minacciarti di licenziamento per il solo fatto di essere una donna.
Poi chiediti: fossero gli uomini ad avere lo stesso problema, avrebbero già ottenuto il congedo per mestruazioni?