Una delle vittime, Vincenzo Bontà, era genero del boss mafioso Giovanni Bontade: questa parentela aveva fatto ipotizzare che si trattasse di un delitto di mafia. Il fermo dei due vicini di casa apre la strada a indagini di altro tipo
La parentela di Vincenzo Bontà con il boss Giovanni Bontade, di cui era genero, aveva fatto ipotizzare che il duplice omicidio avvenuto nella mattina del 3 marzo a Palermo, in cui sono rimasti vittime Giuseppe Vela e, appunto, Bontà, potesse riaprire la stagione delle guerre di mafia. Ma la Procura di Palermo ha fermato, poco prima dell’alba del 4 marzo, una coppia di coniugi, Carlo Gregoli, dipendente comunale, e Adele Velardo, casalinga, entrambi cinquantenni, con l’accusa di avere commesso il delitto. Secondo gli inquirenti della Squadra mobile, la coppia ha ucciso Bontà e Vela dopo una serie di alterchi per problemi di vicinato. A testimoniare contro la coppia un automobilista che era di passaggio in via Falsomiele al momento della sparatoria, e anche la registrazione di una telecamera di sorveglianza.