La tutela della salute dei lavoratori e delle lavoratrici deve evidentemente assumere portata centrale in uno Stato sociale di diritto come il nostro. La sua necessità e centralità si deduce facilmente dal combinato disposto degli art. 1, 4 e 32 della Costituzione, nonché da una vasta congerie di atti europei e internazionali vigenti nel nostro Paese. Ciò, a dispetto dell’indebolimento indubbio dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici che si è avuto un po’ ovunque nel mondo e anche da noi per effetto dell’applicazione bovina (alla Poletti per intenderci) delle sciagurate teorie neoliberiste che vorrebbero uscire dalla crisi comprimendo sempre di più i salari e la stessa dignità di chi presta opera subordinata, sia pure camuffata da prestazione indipendente con l’artificio delle partite Iva e simili.
Mentre diminuisce la quota del reddito nazionale a disposizione dei lavoratori dipendenti, con la conseguenza della depressione della domanda che costituisce un fattore di crisi, aumentano anche i rischi e gli attentati alla sicurezza del lavoro. Dimostrazione lampante di ciò è costituita dall’aumento dei morti sul lavoro denunciato dall’Inail anche per effetto di violazione di norme di legge e mancati controlli, dovuti a loro volta all’indebolimento, se non smantellamento totale degli organismi preposti.
Un settore particolarmente nocivo del lavoro è costituito da quello in cui sono impegnate le forze dell’ordine. E’ bene al riguardo ribadire, anzitutto, che si tratta di lavoratori, rivestano essi o meno la divisa. Poliziotti, carabinieri e finanzieri sono impegnati ogni giorno in attività importanti per la sicurezza di tutti e pagano purtroppo un tributo in vite umane ma anche in malattie e infortuni per causa di servizio che deve essere riconosciuto. Così come deve essere riconosciuto il loro diritto a rifiutarsi a prestare servizi in violazione della legge, a tutela non solo della loro salute e sicurezza ma anche della democrazia, della libertà e della vita di tutti i cittadini.
Di recente un ex capo della Cia e della National Security Agency statunitense, Michael Hayden, ha avuto parole chiare e degne di elogio spiegando che, se il pazzoide razzista Trump dovesse disgraziatamente essere eletto presidente degli Stati Uniti, le forze armate non sarebbero tenute ad obbedire ad ordini contrari alla Costituzione ed al diritto internazionale ed anzi dovrebbero ribellarsi al potere politico. Lo stesso deve valere ovviamente per ogni governante, negli Stati Uniti come da noi, anche in riferimento ad episodi del passato più o meno recente come i fatti di Genova, da Bolzaneto alla Diaz.
Abbiamo tutti da guadagnare, quindi, da forze dell’ordine (e forze armate) sensibili ai valori costituzionali e ai diritti propri ed altrui. Per questo va salutato con soddisfazione ogni impegno delle formazioni sindacali attive in seno a tali forze che vada nella giusta direzione di rafforzare la tutela e la salvaguardia sul campo di tali diritti. C’è tutto un universo vivace e combattivo che si muove all’interno di questo mondo, cui occorre rapportarsi con curiosità e solidarietà per spezzare ogni tentazione di rafforzare l’isolamento corporativo e di alimentare falsi miti di contrapposizione tra polizia e popolo.
Voglio qui citare un recente avanzamento di cui sono venuto a conoscenza e che è costituito dalla creazione, da parte del sindacato Ugl Polizia di Stato, dell’Osservatorio Nazionale Polizia Scientifica relativo all’individuazione delle problematiche di un settore particolarmente prezioso – per le sue peculiarità – all’interno delle forze di polizia. Il contributo di tale settore, da sempre determinante nell’ambito di complesse indagini di Polizia Giudiziaria, purtroppo sta vivendo una dequalificazione e uno svilimento della propria professionalità.
Si tratta di un ambito in cui lavoratori, quotidianamente, sono sottoposti a rischi per la salute di varia natura: fisico, biologico, chimico (basti considerare l’utilizzo di sostanze dichiarate altamente cancerogene), situazioni stressanti dal punto di vista psicologico. Specifico rilievo assumono in tale quadro le operazioni di fotosegnalamento per l’identificazione dei migranti cui è dedicato il primo documento ufficiale dell’Osservatorio Nazionale, il quale mette in rilievo come “la legge vigente non prevede che l’autorità di pubblica sicurezza (attraverso i suoi ufficiali e/o agenti di p.s., quand’anche per opera degli ufficiali e/o /o agenti della p.g.) non possa far ricorso a forme di coazione fisica che non siano quelle previste dall’art. 349, comma2 bis, del Codice di procedura penale, per costringere una persona a sottoporsi ai rilievi foto-segnaletici, dattiloscopici, etc.”.
Deve risultare a tutti chiaro come la tutela della salute dei lavoratori di polizia impegnati in queste funzioni (ma il discorso riguarda come accennato tutti i membri delle forze dell’ordine nel loro complesso) è indissolubilmente legato a un esercizio efficace dei loro compiti nell’interesse generale della società. Ecco perché occorre augurarsi che le prese di posizione e le attività di questo ed analoghi organismi trovino la massima considerazione e attenzione.