Dopo il commissariamento del gruppo editoriale che controlla il quotidiano turco nella notte la polizia ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere le centinaia di manifestanti radunatisi fuori dall'edificio di Istanbul ed entrare nella redazione. Il direttore di Zaman, Abdulhamit Bilici: "Una pagina nera per la storia della democrazia". E Index on Censorship lancia una petizione online
Dopo il commissariamento del gruppo editoriale che controlla il quotidiano turco d’opposizione “Zaman”, nella notte la polizia ha fatto irruzione nella sede del giornale, usando gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere le centinaia di manifestanti radunatisi fuori dall’edificio di Istanbul. Dopo aver sfondato il cancello, le forze dell’ordine turche sono entrate nella struttura per scortare i manager nominati dal tribunale e cacciare i dipendenti del quotidiano. L’accusa rivolta al gruppo editoriale Feza è di “propaganda terroristica” a favore del presunto “Stato parallelo” creato dal magnate e imam Fethullah Gulen, ex alleato diventato poi nemico giurato del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Dopo il blitz, in mattinata la polizia ha costruito delle barriere all’ingresso della sede del quotidiano per impedire il ritorno dei manifestanti. “Una pagina nera per la storia della democrazia” ha dichiarato il direttore di Zaman, Abdulhamit Bilici. Nonostante le forze dell’ordine abbiano fatto evacuare con la forza giornalisti e impiegati presenti nella redazione, sul sito del quotidiano commissariato è stata pubblicata la cronaca dell’irruzione con immagini che mostrano l’uso dei gas e dei cannoni ad acqua contro i manifestanti. “La polizia non ci ha fatto accedere alla nostra redazione. E’ dispotismo puro! Mi hanno preso per un braccio e strattonato….”, ha twittato Sevgi Akarcesme, direttora della versione online del quotidiano. “Il governo turco ha sequestrato una delle ultime voci critiche della Turchia… E’ la fine della democrazia“, ha commentato il giornalista Emre Soncan sul social dove l’hashtag #Zaman Daily sta diventando uno dei più popolari. “Un esercito di polizia dentro Zaman. Ci hanno cacciato“, ha twittato un altro giornalista.
Intanto’ Index on Censorship’ ha lanciato una petizione online per chiedere al tribunale di Istanbul di rivedere la sentenza che ha posto sotto commissariamento il quotidiano e per chiedere anche al presidente turco di mettere fine alla sua stretta sui media del paese. “Unitevi – si legge nella petizione lanciata su change.org – a ‘Index on Censorship’, agli scrittori, giornalisti e artisti di tutto il mondo nel condannare il sequestro scioccante del gruppo editoriale indipendente Zaman”. Secondo l’organizzazione per la difesa della libertà di parole le autorità turche “hanno confermato di non rispettare più la libertà dei media, che è la base di ogni società democratica”.
I giornalisti, nel frattempo sono stati fatti rientrare nella redazione, scortati dalla polizia turca e dopo un accurato controllo dei documento: “Ecco come noi giornalisti dovremmo fare il nostro lavoro. Sotto il controllo delle forze speciali e con la polizia dentro gli uffici”, ha twittato Abdullah Bozkurt, uno dei più noti editorialisti del quotidiano. Subito dopo è arrivato anche il direttore Abdulhamit Bilici, accompagnato dai suoi legali. Gli amministratori nominati dal tribunale di Istanbul, hanno deciso intanto di avviare la rimozione dei contenuti online del giornale e bloccare la connessione internet nella redazione, interrompendo le pubblicazioni in attesa della nomina di una nuova direzione del giornale. Nel frattempo a tutti i giornalisti del quotidiano, compreso il direttore, è stata inviata una lettera di licenziamento.
La Casa Bianca ha definito “preoccupante” il controllo esercitato da parte delle autorità turche e ha chiesto con urgenza ad Ankara il rispetto della libertà di stampa: “In una società democratica il pensiero critico va incoraggiato, non messo a tacere”, ha sottolineato. Anche i diversi rappresentanti europei hanno espresso la loro preoccupazione per la situazione turca. “Il sequestro di Zaman è un altro colpo alla libertà di stampa in Turchia. Voglio sollevare questa questione lunedì con Ahmet Davutoglu (il premier turco ndr.)” ha scritto su Twitter il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. “Se qualcuno non è d’accordo con le notizie di un giornale dovrebbe opporsi con i fatti, non imbavagliando il giornalismo”, ha aggiunto. Il commissario Ue all’allargamento Johannes Hahn, ha detto invece di seguire con “grande preoccupazione” ciò che sta accadendo in Turchia. Una vicenda, sottolinea, che “mette in discussione” i progressi fatti da Ankara in altri settori. “Come Paese candidato all’adesione la Turchia deve rispettare la libertà di stampa. Continueremo a monitorare attentamente la vicenda. I diritti fondamentali restano sulla nostra agenda e non sono materia negoziabile“.
Venerdì la decisione del commissariamento di Feza ha scatenato le proteste della stampa indipendente turca e dei partiti di opposizione, facendo piovere condanne anche dall’Estero, con il Consiglio d’Europa che ha parlato di “interferenza molto grave nella libertà dei media, che non dovrebbe avere luogo in una società democratica”. Per la stampa turca non è un momento facile: nei mesi scorsi la procura di Istanbul aveva chiesto l’ergastolo per due giornalisti del quotidiano di opposizione Cumhuriyet, Can Dundan e Erdem Gul, rispettivamente direttore e caporedattore, arrestati a novembre 2015 con l’accusa di spionaggio e propaganda terroristica, e scarcerati il mese scorso. A far finire il giornale nel mirino di Erdogan un’inchiesta su un presunto passaggio d’armi dalla Turchia alla Siria, documentata sul quotidiano turco. La pubblicazione aveva scatenato le ire del presidente turco che aveva giurato che avrebbero pagato “un caro prezzo” Dundar e il suo giornale per la pubblicazione di quell’inchiesta.
Ma Zaman è solo l’ultimo dei giornali finiti nel mirino del “Sultano” turco: ad essere accusati di propaganda terroristica, oltre al Cumhuriyet, sono anche i quotidiani Hurriyet, Radikal, Taraf, Sozcu, BuguneZaman, come pure le tv private Cnn Turk e Kanal D, tutte realtà che hanno espresso le loro critiche nei confronti del governo, raccontando la politica torbida del presidente. Ma l’odio del “Sultano” verso la libertà di stampa è andato oltre i confini turchi, prendendo di mira anche il New York Times, la Bbc e laCnn, accusati di voler “indebolire la Turchia, dividerla e disintegrarla e poi dominarla“.