Si è seduto da poco e subito comincia l’elogio della sua politica del fare contro le “tante chiacchiere”. Come un abile venditore che mostra la sua mercanzia, Renzi sciorina una dopo l’altra le conquiste del suo governo: bonus bebè, unioni civili, omicidio stradale, 80 euro per i carabinieri, l’abolizione della tassa sulla prima casa. Non c’è spazio, figuriamoci, per un vero contraddittorio, per le sfumature, la D’Urso e Renzi filano d’amore e d’accordo, si danno del tu, lui felice di avere uno spazio nazionalpopolare libero da gufi e “commentatoroni” (come li chiamerà più avanti), lei reduce dalla vittoria in Tribunale contro l’accusa di sciacallaggio mediatico avanzata dal presidente dell’ordine dei giornalisti Iacopino. Ma Renzi è abile, il pizzico di autocritica se lo mette da solo per rendere tutto ancora più credibile. E allora ecco che il “bonus bebè non basta perché le donne reinizino a fare figli”, bisogna cambiare mentalità, smettere di pensare che le donne che fanno figli non possono fare carriera, solo così avremo l’Italia che riparte, insomma – è la tesi implicita – metteteci del vostro e tutto andrà per il meglio e intanto il premier approfitta abilmente per fare gli auguri a tutte le donne per l’8 marzo. E il primo blocco è andato a meraviglia.
Arrivano le unioni civili e il caso Vendola. Renzi cita il biglietto di battesimo di sua madre per fare gli auguri al neonato – “Ogni figlio che nasce reca al mondo il messaggio che Dio non è stanco per l’uomo” – poi si dichiara contrario all’utero in affitto, la D’Urso è d’accordo, in Italia non si può fare, i due marciano in perfetta sintonia, Renzi diventa improvvisamente un fautore del pluralismo delle idee sostenendo che è bello che la si pensi diversamente e poi invita a fare uno sforzo in più, a guardare non il bicchiere mezzo pieno ma quello a tre quarti: e proprio questa immagine rende alla perfezione ciò che Renzi vuole comunicare, il governo dei tre quarti, dove non tutto, ma quasi tutto è fatto, in modo da essere più credibile e convincente.
Ma ecco il momento cruciale: andremo in guerra sì o no? Lo scenario caramellato del programma non si presta ad annunci tragici, anche se la D’Urso mette la faccia seria, lei vuole sapere proprio come la signora che sta stirando da casa. “Quando si parla di guerra bisognerebbe andare in punta di piedi”, esordisce Renzi. Poi attacca la Francia per la situazione attuale della Libia, racconta – con pathos crescente – di essere stato al memoriale delle 54 vittime italiane in Afghanistan, traccheggia un altro po’ su quanto sia terribile la guerra, poi alla fine annuncia che non c’è all’ordine del giorno nessuna missione militare in Libia, prima “occorre un governo che abbia la forza di chiedere un intervento internazionale”.
Il peggio è passato, o quasi. Ora la signora che stira a casa, dice la D’Urso, vuole sapere se mettere i suoi risparmi in banca oppure nella zuccheriera. Qui Renzi fa quasi un peana delle banche, dice che sono sicure, che chi ha perso i soldi perché è stato truffato sarà interamente risarcito, diversamente – non si capisce come – “da chi invece aveva scelto scientificamente di investire per avere soldi in più”. Nessun conto corrente è stato toccato, dunque tutto va bene nel nostro sistema bancario, solo ci sono troppe banche e banchettine, in Italia, quindi (un po’ come gli ospedali) molte andranno fuse. E qui sta la brutta notizia, che il premier usa abilmente sempre per rendere ciò che ha detto prima più vero, più ancorato alla realtà: il posto fisso in banca probabilmente non ci sarà più, i giovani devono esserne consapevoli e pure i loro parenti, ma per il resto tutto è in ordine.
Stacchetto pubblicitario e si riparte con la vicenda della Reggia di Caserta. Conduttrice e ospite schierati con il direttore contro i sindacati, ça va sans dire, Renzi dice che “gli sono cascati gli occhi sul giornale” quando ha letto la notizia, poi ecco l’annuncio: non solo si stanno spendendo già molti soldi per il patrimonio artistico, ad esempio su Pompei, ma è in arrivo un piano Marshall per la cultura, un miliardo di euro, il più grande investimento dell’Italia del dopoguerra, per rendere belli i nostri siti culturali. E visto che siamo in vena di promesse, ecco anche l’annuncio dell’inaugurazione della Salerno Reggio Calabria per il 22 dicembre: la D’Urso giuro che ci sarà, poi in cambio Matteo tornerà al programma, lui annuisce, conferma che la data sarà rispettata e attacca i giornali stranieri che dipingono gli italiani come incapaci, si rivedranno.
Ultimo argomento prima di arrivare all’abbraccio con bacio finale: le pensioni. Matteo si fa bello con la sua non promessa – “Io non prendo impegni sull’aumento delle pensioni”, dice serio, lui falsi annunci non ne fa – ma al tempo stesso rassicura, nulla verrà toccato, le pensioni di reversibilità non verranno toccate, e qui propone di istituire una tassa per procurato allarme (a chi, ad esempio, aveva scoperto che il governo aveva l’intenzione di inserire la reversibilità nell’Isee, con relativi, concreti, tagli). Come consuetudine, Renzi annuncia l’ospite successivo, Ivana Spagna, elenca i suoi impegni dei prossimi giorni e va. La signora (che avrà finito di stirare) si sente più rassicurata, sa che non ci sarà la guerra, che domani potrà correre a investire i suoi risparmi in banca, che presto l’Italia sarà tirata a lucido, che la sua pensione non sarà toccata. Ha saputo quello che voleva sapere. A lei ci pensa Matteo. Meglio di così.