Ogni giorno nel mondo 37.000 bambine sono obbligate a sposare uomini molto più grandi di loro. Costrette a violenze da parte dei loro uomini, alla perdita della loro libertà e del diritto all’educazione. La loro infanzia o adolescenza viene interrotta troppo presto. Il matrimonio precoce e forzato è una violazione dei diritti umani. È illegale secondo il diritto internazionale ed è vietato in molti dei paesi in cui è presente, ma le leggi esistenti spesso non vengono applicate.
Venerdi scorso nella sede di Amnesty International a Roma c’è stato un interessante incontro con Madame Hortence Lougué dell’Association d’Appui et d’Eveil Pugsada, che si occupa proprio di queste ragazze costrette al matrimonio forzato in Burkina Faso, svolgendo attività di recupero. Presente anche Kiswendsida Noelie Kouragio, coordinatrice nazionale dell’attivismo giovanile per Amnesty International Burkina Faso, e Letizia Aprile responsabile della Rete Gorom Gorom per i progetti in Burkina Faso.
Queste donne si occupano di diritti sessuali e riproduttivi nel Paese. In Burkina Faso, i matrimoni forzati sono un fenomeno estremamente diffuso, soprattutto nelle aree rurali. Nonostante siano vietati dalla legge, le autorità non fanno abbastanza per fermarli; gli uomini detentori della tradizione, temono di più la sanzione divina che la sanzione della legge.
Loro che hanno esperienza sul campo, riportano che il 52,7% delle bambine in Burkina Faso sono costrette a matrimoni precoci e forzati prima dei dieci anni. Un terzo delle donne prima dei 17 anni. Inoltre anche la pianificazione familiare è un problema nel Paese: solo il 17% delle donne può accedervi. Sono pochi i consultori, distanti e difficili da raggiungere. Amnesty si fa carico del problema e dei costi per cercare di ridurre la mortalità materna.
Madame Horcé racconta in che modo stanno affrontando il problema delle spose bambine, considerato che la sua struttura ci lavora dal ’95: “Ci siamo chiesti se la problematica sia in calo o in aumento, ma non abbiamo dati statistici a riguardo. Sappiamo però che sempre più ragazze scappano e vengono da noi in cerca di aiuto in seguito ai matrimoni forzati. Ci sono bambine promesse spose ancor prima di essere nate o subito dopo”.
Queste spose bambine sono poi costrette agli insulti, agli abusi e alle violenze, con conseguenze sulla loro salute. Una figlia che si sposa presto avrà infatti una gravidanza precoce che la espone a rischi per lei e il nascituro. I parti difficili possono essere causa di mortalità.
Le motivazioni di questi matrimoni forzati, frequenti soprattutto nelle zone rurali, dipendono principalmente dalla tradizione, dal costume, e dal bisogno di seguire questo tipo di usanza. C’è chi parla anche di disonore perché la gravidanza precoce e fuori dal matrimonio sarebbe una vergogna e un disonore familiare che si vuole prevenire con il matrimonio precoce. Certamente anche l’aspetto economico è prioritario, perché c’è la dote che in certe regioni può dare sostentamento a tutta la famiglia. Le ragazze che si sposano possono poi far arrivare dei soldi alla famiglia di origine, spesso numerosa.
Spiega Madame Horcé che “il contraccolpo di questi matrimoni forzati è che le bambine non vanno a scuola perdendo così anche il diritto all’educazione”. La legge dice che le ragazze e i ragazzi debbono andare a scuola: l’80% delle bambine va a scuola e fa le elementari. Il problema emerge però alle medie che sono seguite da meno del 50% delle bambine a causa del sovraccarico del lavoro domestico e delle gravidanze precoci. Sono rarissime le donne che riescono a finire gli studi e andare all’università. Inoltre la povertà generalizzata porta poca ambizione e spinge le ragazze ad imparare a leggere e scrivere e poi a sposarsi presto o cercare lavoro”.
Queste donne che si occupano della problematica in Burkina Faso, riconoscono che lo Stato sta facendo dei tentativi per sensibilizzare sulla tematica e per rettificare delle leggi. Lo Stato però è infimo perché non ha destinato risorse sufficienti per la causa. Sono le Ong che si occupano di questo. Oltre alla sensibilizzazione bisogna farsi carico delle vittime ma ci sono poche strutture: “Per risolvere un caso di matrimonio forzato possono passare anche tre anni. Quando arrivano da noi bisogna costruire una mediazione con le loro famiglie per il loro ritorno. È un lavoro difficile e lento perché bisogna cambiare la mentalità delle persone. La pressione sociale è talmente forte che le bambine sono costrette a farsi piacere queste situazioni”. Spiega Madame Horcé.
Importante allora spostare l’attenzione sui diritti, perché se le persone li conoscono, ne diventano consapevoli e riescono a padroneggiarli e a farsi rispettare. Ciò che infatti è emerso di rilevante da questo interessante incontro è che oggi, grazie alla maggiore informazione, le donne hanno più coraggio di parlare e di chiedere aiuto. Si cerca di rafforzare anche gli insegnanti che possono informare le bambine sulle vie di ricorso, sulle soluzioni, dar loro aiuto per reagire ad un matrimonio forzato.
È importante quindi raccontare e testimoniare perché è vero che da noi questo problema non esiste, ma in molti paesi sono ancora numerose le bambine che soffrono in silenzio per questa problematica; spesso non sapendo cosa siano i diritti umani. Sono necessarie quindi la comunicazione e la mediazione per rompere questo loro silenzio. Per aiutarle a raccontarsi e a non vergognarsi nel farlo. L’istruzione è un canale che può aiutare a ridurre i matrimoni forzati.