Ripartirà il processo Vatileaks 2? Nei sacri palazzi si fa sempre più insistente la voce secondo la quale, al termine degli esercizi spirituali con la Curia romana ad Ariccia, predicati quest’anno da padre Ermes Ronchi, e alla vigilia della Pasqua del Giubileo straordinario della misericordia, il Papa potrebbe mettere la parola fine al processo che vede alla sbarra 5 imputati. Essi sono i 3 presunti “corvi”, monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, ancora agli arresti domiciliari in Vaticano, nel Collegio dei Penitenzieri di fronte Casa Santa Marta, la residenza del Papa, Francesca Immacolata Chaouqui e Nicola Maio. Ma anche i giornalisti Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi che hanno pubblicato nei loro libri, Avarizia e Via crucis, documenti economici riservati della Santa Sede.
Il processo, giunto a un punto abbastanza increscioso, per usare un eufemismo, con il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin chiamato a testimoniare dalla difesa della Chaouqui, avrebbe così una fine anticipata senza sentenza, quindi senza condanne e assoluzioni. Nella bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia Francesco ha scritto: “Chi sbaglia dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza del perdono. Dio non rifiuta la giustizia”. Sempre nello stesso documento il Papa ha concesso a tutti i carcerati pentiti di ottenere l’indulgenza plenaria annessa all’Anno Santo passando davanti alla porta delle loro celle, equiparando quel gesto al passaggio delle porte sante del Giubileo sparse in tutto il mondo.
Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2016, rivolgendosi a tutti i governi del pianeta, Bergoglio ha scritto: “Desidero rinnovare l’appello alle autorità statali per l’abolizione della pena di morte, là dove essa è ancora in vigore, e a considerare la possibilità di un’amnistia”. Parole che sono state subito lette come un messaggio ai magistrati vaticani a trovare una soluzione per porre rapidamente fine al processo Vatileaks 2.
Sullo spirito del messaggio di Francesco si è soffermato monsignor Giuseppe Sciacca, segretario aggiunto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, la Cassazione vaticana. “È evidente – scrive il presule nel volume Pietas, misericordia, aequitas pubblicato dalla Libreria editrice vaticana – che l’inesausta riscoperta della misericordia e del suo esercizio è la ratio che ha motivato Papa Francesco all’indizione del Giubileo straordinario e rappresenta, altresì, un cantus firmus del suo magistero e dei suoi interventi a partire dalla presenza a Lampedusa, testimonianza di umanissima pietas e di cristiana carità sine glossa”.
Monsignor Sciacca richiama le parole del beato Paolo VI che nel 1973 “auspicava che la giustizia ecclesiastica, animata dall’equità, fosse ‘più agile, più dolce, più serena’”. “Non si tratta, in altre parole, – spiega il presule – di un istinto nobile ma estrinseco all’ordinamento canonico, quasi che vi operi e lo influenzi dall’esterno, bensì di un elemento che pervade, lo anima e qualifica intimamente, conferendovi quell’irriducibile peculiarità ed elasticità che è propria del diritto della Chiesa”. Per Sciacca, quindi, “l’equità canonica non adombra l’arbitrio, bensì una superiore e compiuta legalità che non si risolve nel dato meramente formale e normativo”. Posizione che il presule collega alle parole di Bergoglio che ha sottolineato che “certe realtà della vita si vedono con gli occhi resi limpidi dalle lacrime”. “Il che – ricorda Sciacca – fu già cantato da Dante nel Purgatorio: ‘Io mi rendei, piangendo, a Quei che volentier perdona’”. Cosa deciderà Francesco?