Diritti

Benedizioni pasquali negli uffici del Comune, è polemica a Bologna: “Atto invasivo”

L'amministrazione Pd ha autorizzato che don Isidoro il 14, 15 e 16 marzo prossimi vada nelle stanze per una preghiera nei giorni cui la Chiesa festeggia la resurrezione di Cristo. Uaar: "Violata la privacy dei lavoratori". Cgil: "Faremo una diffida". Il Tar si è appena espresso contro lo stesso rito nelle scuole bolognesi. In serata il mezzo passo indietro: "Non sarà obbligatorio"

E’ ancora scontro, a Bologna, sul tema delle benedizioni pasquali. Dopo la sentenza del Tar dell’Emilia Romagna, che a febbraio ha ufficialmente bandito i riti religiosi tra i banchi di scuola, accogliendo il ricorso di un gruppo di genitori e insegnanti laici dell’Istituto comprensivo 20, a finire al centro delle polemiche questa volta è il Comune di Bologna. Che ha autorizzato, per le giornate del 14, 15 e 16 marzo, l’ingresso di un sacerdote negli uffici di piazza Liber Paradisus – sede distaccata dell’amministrazione del capoluogo – affinché possa benedire i lavoratori nei giorni che precedono la Pasqua. Un rito a partecipazione volontaria, precisa il Comune, chi vuole può lasciare la scrivania e rientrare a celebrazione finita, e tuttavia l’iniziativa, proprio per il recente verdetto del tribunale amministrativo, in città non a tutti è piaciuta.

“E’ una violazione della privacy – attacca l’Uaar, l’unione degli atei e degli agnostici razionalisti, la prima a denunciare l’accaduto – dei singoli individui”. Decidere se lasciare o meno l’ufficio durante il rito, sottolinea Roberto Grendene, coordinatore locale dell’associazione, che presenterà una diffida contro l’amministrazione guidata dal sindaco Democratico Virginio Merola, “costringe i lavoratori prendere posizione di fronte a un atto di culto invasivo e disposto dai propri superiori”.

Una posizione condivisa anche dalla Cgil, che nei giorni scorsi, saputo del rito imminente, ha scritto ai dirigenti comunali per chiedere un dietrofront dell’amministrazione, definendo “la pratica lesiva dei diritti individuali ed estremamente fuori luogo”. “Sul luogo di lavoro, e in orario di lavoro, si deve svolgere attività lavorativa. Così viene violato il principio di laicità”. Il rito religioso, è la critica, che parafrasa il verdetto emesso dal Tar dell’Emilia Romagna in merito alle benedizioni tra le mura scolastiche, “è un’indebita ingerenza in un posto che non dovrebbe avere alcuna connotazione ideologica”.

In realtà, precisa l’Uaar, non è la prima volta che i dipendenti del Comune di Bologna ricevono la benedizione nei giorni in cui la Chiesa festeggia la resurrezione di Cristo. “In passato, però, si sceglieva uno spazio comune, collettivo, e andare o meno era a discrezione del singolo individuo”. Quest’anno, invece, “un prete, don Isidoro, ha chiesto espressamente di passare a benedire in ciascuna delle tre torri in Liber Paradiso, ufficio per ufficio, e la dirigenza, invece di far notare al parroco che si tratta di uffici pubblici, che è orario di lavoro e che sarebbe, al più, il caso di contattare il Circolo dei dipendenti del Comune per organizzare un’attività extra-lavorativa, ha reso ufficiale il calendario delle benedizioni stabilito dal sacerdote, per poi comunicare, 3 giorni fa, ai capi area di organizzarsi”.

A loro, infatti, spetterà il compito di accompagnare il parroco tra le scrivanie. “A questo punto, quindi, bisogna intervenire, e lo faremo con una diffida. E’ dal 2009 che denunciamo questa forma di malcostume, che trasforma le istituzioni in luoghi di preghiera, impegna dirigenti e capi area retribuiti dai contribuenti nella promozione del culto cattolico, causa l’interruzione del lavoro dei pubblici uffici e autorizza forme collettive di assenteismo benedetto”.

All’annunciata diffida, presentata dall’Uaar, la giunta bolognese non ha replicato. Tuttavia, se il fronte cattolico cittadino difende la pratica “come parte della nostra tradizione”, anche tra i banchi del centrosinistra in Consiglio comunale c’è dissenso. Mirco Pieralisi, capogruppo di Sinistra italiana, ad esempio, il 7 marzo ha portato la questione direttamente nell’aula di Palazzo D’Accursio: “Come nelle scuole pubbliche, così negli uffici pubblici non si possono mettere i dipendenti nella condizione di dichiarare la loro appartenenza o meno a questa o quella religione, uscendo o rimanendo in un ufficio inopinatamente, se pur temporaneamente, diventato luogo di culto”. Tra l’altro, ricorda Pieralisi, a febbraio il sindaco di Bologna aveva puntato il dito contro i sindacati, accusandoli di organizzare troppe assemblee con i lavoratori del Comune, e negando alle sigle non confederali – come Cobas e Usbil diritto di riunirsi in orario lavorativo. “E’ un paradosso – sottolinea il capogruppo di Sel in Comune – evidentemente per l’amministrazione comunale la democrazia sindacale non è oggetto di diritto o, detto in altri termini, alla richiesta di assemblea la risposta è stata: ‘Andate a farvi benedire’”.

Dopo giorni di polemiche, in serata è arrivato anche il mezzo passo indietro dell’amministrazione bolognese. La benedizione, scrive infatti la direzione generale del Comune di Bologna in una nota, si farà, tuttavia “nessun dipendente comunale dovrà accompagnare alcun sacerdote lungo i corridoi o sarà costretto ad abbandonare il proprio posto di lavoro”. Inoltre si tornerà alla “prassi consolidata”, cioè alla predisposizione, all’interno dei palazzi comunali, di “spazi per il rito religioso, a cui i dipendenti potranno liberamente partecipare. Ai sacerdoti sarà permesso l’accesso alle residenze comunali e saranno indicati i luoghi per la benedizione”.