Ilenia Volpe. Ci sono molte probabilità che non conosciate questo nome. E tutte per i motivi sbagliati. Ora lo avete quantomeno letto: Ilenia Volpe. Il fatto è che, se frequentate, fisicamente o anche solo da semplici utenti casalinghi, il mondo della musica indie non vi sarà sfuggito che di mondo prevalentemente, se non esclusivamente, maschile si tratta. Per anni, decenni, addirittura, quando l’indie non si chiamava indie ma underground (o “alternativo”), girava un solo nome, quello di Cristina Donà.
Non che fosse un nome sbagliato, tutt’altro, ma pensare che in una intera scena musicale, per di più piuttosto vivida e vitale, ci fosse una sola donna, fatte magari le eccezioni di Ginevra Di Marco e di qualche sporadica comprimaria che ogni tanto arrivava a agitare le acque, metteva un certo disagio. Poi è arrivato l’indie. Non saprei dire esattamente quando e come, ma potrei comunque dire “purtroppo”. Ma è arrivato. Barbe lunghe. Chitarrine. Magliette a righe orizzontali. E di donne, ovviamente, neanche l’ombra.
Chiaramente si sta procedendo per iperboli, estremizzando. Qualcuno mi imputa spesso un eccesso di enfasi, in alto o in basso. Così è, se vi pare. Ma anche a non voler usare questa narrazione, in realtà, di nomi di donne nella scena ne vengono fuori pochi, parlo di nomi emersi, non di quelli che si agitano nel sottobosco. Levante, sicuramente, Beatrice Antolini, Maria Antonietta. Ne faccio alcuni, ma sono tutti piuttosto marginali, non certo quelli che, in un ipotetico manifesto della scena, campeggerebbero in alto.
Ilenia Volpe meriterebbe di stare da quelle parti, magari non in alto, ma sicuramente dentro il cartellone. Ha all’attivo un album, Radical chic un cazzo, prodotto da Giorgio Canali, e questo già dovrebbe darvi qualche coordinata. Niente cantautorato intimo e delicato. Niente Cristina Donà 2.0. Disturbante, si volesse scegliere un aggettivo. Di un disturbante intriso di passione, di tragedia. Ilenia, non è un caso, ha fatto il suo esordio vero e proprio come ospite dell’ultimo lavoro di Moltheni, oggi Umberto Maria Giardini, quando appunto ancora si chiamava Moltheni. Un duetto, poca cosa, ma già una indicazione precisa di parentela. Poi ha preso parte con uno dei brani finiti in Radical chic un cazzo all’antologia di cantautorato femminile Anatomia femminile. Il brano si chiamava Croce-finzione, e anche qui poco altro c’è da aggiungere. Farsi produrre da Canali, furetto della sei corde, outsider in un mondo di outsider è una scelta precisa, una sorta di manifesto programmatico, riuscire a farsi produrre da lui, invece, è una prova di talento.
Radical chic un cazzo è uscito, e come spesso capita in questo mondo indie fatto di barbe lunghe e di chitarrine approssimative, ben si è fatto notare senza però lasciare segni significativi sul mercato, né sull’immaginario collettivo (seppur di collettivo di nicchia). Un mondo di uomini non prevede che si possa emergere anche se dotata di tette, e se sei è dotata di tette, poi, è bene che non si tenti di fare il lavoro dei maschi, che non si pigi sul distorsore, che non si urli, piuttosto si sussurri. Non sussurra, in genere, Ilenia. In genere.
Oggi ritorna. Il giorno del suo compleanno, il 7 marzo, decide di tornare sulle scene con un singolo, Maledetta bellezza, che anticipa il suo secondo album, Il mondo al contrario, in uscita il 15 aprile per La Grande Onda/ La zona. Frutto del lavoro con Gianluca Vaccaro, stavolta. Maledetta bellezza, brano con cui Ilenia torna sulle scene, qui presentato attraverso un video in anteprima per la regia della pluripremiata Luna Gualano, è un brano in cui, per una serie imprecisata di elementi, l’emotività gioca un ruolo da protagonista. Molto meno sfrontata, volendo anche dura, e molto più empatica, Ilenia tratteggia una storia senza filtri. Una storia che racconta un modo diverso di intendere il mondo. Per scrivere questo brano Ilenia si è avvalsa della collaborazione di suo fratello Luca, che gli anni li ha compiuti ieri.
Questo brano, questo video, raccontano di chi vive la propria vita facendo i conti con la schizofrenia, con la malattia mentale. Un modo di fare i conti con la malattia diretto, senza filtri, senza pelle, tanto per citare un film ormai di parecchi anni fa che proprio con questo tema faceva i conti. Un ottimo modo per tornare sulle scene. Un modo maledettamente bello. Ora questo nome lo conoscete, non dite che non ve lo abbiamo detto.