Il caso di don Luciano Massaferro, conosciuto come don "Lu", sacerdote di Alassi: fu arrestato nel 2009 con l'accusa di abusi su una minorenne e ha appena finito di scontare la pena resa definitiva dalla Cassazione. Ma nel rito parallelo celebrato dalla Chiesa la curia è intenzionata a chiedere l'assoluzione e farlo diventare cappellano in un convento
Il 29 dicembre 2009 don Luciano Massaferro, conosciuto come don “Lu”, parroco della chiesa di San Vincenzo di Alassio, comune in provincia di Savona, fu arrestato con l’accusa di aver compiuto abusi su una minorenne, chierichetta della Chiesa. Dopo essere stato condannato definitivamente a 7 anni e 8 mesi di carcere, il sacerdote avrebbe dovuto lasciare la cella nell’estate del 2017 ma grazie agli sconti per buona condotta è uscito quasi un anno e mezzo prima. In totale ha scontato 3 anni in carcere e 1 anno ai domiciliari dopodiché è stato affidato in prova ai servizi sociali.
I giudici, fino alla Cassazione, lo hanno riconosciuto colpevole, ma per don Lu i processi non sono finiti: manca l’ultima sentenza, quella del processo canonico. In caso di assoluzione il sacerdote potrà tornare a fare il prete, a tutti gli effetti. Secondo quanto riportato dal Secolo XIX, l’ipotesi più accreditata è proprio quest’ultima: monsignor Guglielmo Borghetti, infatti, ai collaboratori avrebbe detto che “si va verso l’assoluzione“. Il vescovo coadiutore di Albenga, scelto a gennaio dello scorso anno da Papa Francesco dopo i gravi e numerosi scandali all’interno della diocesi ligure, secondo il quotidiano genovese, ha promesso a “don Lu” anche un alloggio e un lavoro in caso di assoluzione. Così presto il sacerdote potrà riprendere la sua vita così com’era prima della condanna. L’intenzione della Curia sarebbe quella di farlo diventare cappellano in un convento.
Prima della condanna don Lu era stimato e apprezzato da tutti e al momento le prove che sette anni fa lo hanno fatto condannare starebbero vacillando, secondo : secondo il padre di don Luciano, “il perito non ha trovato nessun materiale schifoso nei computer, è stato accertato che quel giorno in canonica c’era il viceparroco…”.
Poco distante dal comune di don Lu si trova Albenga, dove ha sede la diocesi commissariata da Papa Francesco a causa di una serie di vicende analoghe: preti indagati e condannati per pedofilia, sacerdoti che scappano con la cassetta delle offerte, che posano nudi su Facebook, fanno i barman nei locali notturni. Comportamenti che avevano portato Bergoglio a commissariare la diocesi.
Tanto più che lo sguardo sulla questione pedofilia nella Chiesa Cattolica si è fatto ancora più attento negli ultimi giorni, dopo l’uscita al cinema del Caso Spotlight, il film premio Oscar che racconta l’inchiesta dei giornalisti del Boston Globe sulla pedofilia nel clero americano fondamentale per spingere il Vaticano ad affrontare il tema. Dopo il mea culpa del cardinale australiano George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia della Santa Sede, che davanti alla Commissione nazionale d’inchiesta del suo Paese che indaga sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali sui minori avvenute negli ultimi decenni, ha dichiarato che “la Chiesa cattolica ha commesso errori enormi sulla pedofilia”, anche padre Lombardi ha riconosciuto “gli errori compiuti in molti ambienti ecclesiali”.
Intanto negli ultimi giorni a Lione il mondo cattolico si sta spaccando di fronte al caso del Cardinale Barbarin, accusato di aver coperto un prete pedofilo non informando la giustizia delle molestie rivelate da alcuni parrocchiani fin dai primi anni Novanta. Tra chi chiede le dimissioni e chi invece si schiera al suo fianco, la Prcura della città francese ha intanto aperto un fascicolo a carico del sacerdote con l’accusa di omessa denuncia e “messa in pericolo della vita altrui”.