Si vota il 17 aprile, mentre per il 9 marzo è attesa la pronuncia della Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei due conflitti di attribuzione sollevati dalle regioni. A Roma è un comitato favorevole alla ricerca di idrocarburi, presieduto dall'ex Pci e presidente della Gepi Gianfranco Borghini
La battaglia per il referendum contro le trivellazioni in Italia entra nel vivo e incassa le adesioni di Dacia Maraini e Dario Fo. La campagna in vista del voto è partita ufficialmente, alla Camera dei deputati, con una conferenza indetta lunedì dal comitato promotore composto dai rappresentanti delle assemblee legislative di 9 regioni italiane: Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. E c’era anche il neonato comitato nazionale delle associazioni “Referendum 17 aprile, vota Sì per fermare le trivelle”. Nel frattempo, per il 9 marzo è attesa la pronuncia della Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei due conflitti di attribuzione sollevati dalle regioni. Riguardano altrettanti quesiti su piano aree e doppio regime per il rilascio dei titoli. E mentre gli attivisti di Greenpeace occupano le piazze italiane per richiamare l’attenzione sul tema si mobilita anche il fronte opposto, quello che si batte contro il referendum. Che si svolgerà domenica 17 aprile 2016, dalle 7 alle 23. Esprimendo la propria preferenza, i cittadini avranno la possibilità di decidere se abrogare la norma in base alla quale le concessioni petrolifere già rilasciate hanno effetto fino all’esaurimento dei giacimenti. Ossia ad oggi si trivella fino a quando c’è gas o petrolio, anche se la concessione è in realtà scaduta.
PARTE LA CAMPAGNA PER IL REFERENDUM – Alla campagna presentata alla Camera dei Deputati hanno aderito anche la scrittrice Dacia Maraini e il premio Nobel Dario Fo, tra i sostenitori del referendum. È stato ricordato che nonostante le società petrolifere non possano più richiedere per il futuro nuove concessioni per estrarre in mare entro le 12 miglia “le ricerche e le attività petrolifere già in corso non avrebbero più scadenza certa”. Il presidente del consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza, ha sottolineato “il valore politico del voto” che “mette gli italiani in condizione di scegliere, dopo la Conferenza di Parigi, quale politica energetica adottare”. Secondo Lacorazza “il referendum non metterà a rischio nessun posto di lavoro. Anche per questa ragione – ha aggiunto – faccio un appello ai parlamentari per mandare i cittadini alle urne”. Già, perché gli stessi promotori sanno che la vera battaglia è quella di raggiungere il quorum, dato che il voto è valido solo se andrà a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Il presidente del consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti ha invece posto l’accento dei rischi che le trivellazioni in mare potrebbero comportare per turismo e pesca e sulla “necessità di cambiare approccio verso l’approvvigionamento energetico”. “I turisti che solitamente vengono nella mia regione – ha detto – non vedrebbero di buon occhio l’idea di andare in vacanza in località marine da dove si scorgono in lontananza le sagome delle piattaforme”.
LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE – Il 9 marzo la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi sull’ammissibilità dei due conflitti di attribuzione sollevati dalle regioni. Sia il quesito referendario sul doppio regime per il rilascio dei titoli, infatti, sia quello sul piano aree non sono stati ammessi al referendum da Cassazione e da Consulta. Ma sei Regioni hanno proposto due diversi conflitti d’attribuzione tra poteri dello Stato: il primo nei confronti della Cassazione e un secondo (sul piano delle aree) anche nei confronti di Parlamento e Governo. La prima decisione della Corte Costituzionale riguarderà l’ammissibilità di tali conflitti. In una successiva camera di consiglio, verrà esaminato invece il merito delle questioni proposte.
LA MOBILITAZIONE DEI FAVOREVOLI ALLE TRIVELLE – E mentre continua la mobilitazione di Greenpeace i cui attivisti nelle scorse settimane hanno occupato le principali piazze di 23 città italiane per sottolineare la propria opposizione alle trivelle sul territorio italiano, a muoversi è anche il fronte opposto. È nato, infatti, a Roma un comitato contro il referendum, presieduto dall’ex Pci e presidente della Gepi (la Società per le gestioni e partecipazioni industriali) Gianfranco Borghini, secondo cui il settore degli idrocarburi potrebbe, a dispetto di quanto affermato dai promotori del referendum, essere fonte di opportunità di investimento e ricerca e portare vantaggi in termini occupazionali ed economici. Tra i componenti del comitato imprenditori, ma anche rappresentanti di associazioni e giornalisti.