Tra le vittime 35 jihadisti, undici tra militari e poliziotti e abitanti della città di Ben Guerdan, tra cui una ragazzina di 12 anni. Sei, invece, i combattenti del Califfato feriti e catturati. Decretato il coprifuoco a Ben Guerdan, ultima città prima del confine libico. Si tratta della seconda incursione in questa località
Sono entrati dalla Libia, arrivati alla città di confine Ben Guerdan e attaccato l’esercito tunisino. Il raid dei miliziani dell’Isis, secondo la ricostruzione del ministero della Difesa di Tunisi, ha provocato 53 morti negli scontri con le forze armate regolari. I terroristi respinti avrebbero poi ripiegato su obiettivi civili. Tra le vittime molti jihadisti, si parla di 35 miliziani uccisi, undici tra militari e poliziotti e sette civili, tra cui una ragazzina di 12 anni. Sei, invece, i combattenti del Califfato feriti e catturati.
La situazione – conferma il ministero della Difesa – è ora “sotto controllo”, ma il ministero dell’Interno intanto ha disposto il coprifuoco a Ben Guerdane fino alle alle 5 del mattino. Il premier Habib Essid ha riunito una riunione urgente del Consiglio di sicurezza. Le autorità tunisine, inoltre, a scopo precauzionale hanno isolato il resort di Djerba, popolare destinazione turistica locale e internazionale, che si trova a circa 130 chilometri di distanza dalla città attaccata. “L’incursione odierna da parte di un gruppo di jihadisti aveva lo scopo di instaurare un califfato dello Stato islamico nella città di Ben Guerdane e a destabilizzare la situazione della sicurezza nel Paese – ha detto Essid -. La Tunisia non rinuncerà in nessun caso alla democrazia, che rimane una scelta della nazione”.
Il portavoce del ministero dell’Interno, Yasser Mosbah, ha anche annunciato che è stato messo a disposizione degli abitanti della regione un numero verde per segnalare “problemi” o “movimenti sospetti”. Intanto, come ha riferito la radio tunisina Mosaique Fm, l’ospedale di Ben Guerdane ha lanciato un appello per le donazioni di sangue.
Resta ancora da chiarire la dinamica di quanto accaduto, ma si tratta della seconda incursione armata in questa località da parte di un gruppo jihadista nelle ultime settimane, con la differenza che secondo alcune testimonianze i protagonisti dell’attacco odierno, pur provenienti dalla Libia, sembra abbiano goduto di sostegno logistico sul posto. Interrogativi da chiarire ma che non eliminano i timori su quello che rimane il cuore del problema: la presenza vera o presunta dell’Isis in Tunisia. Gran parte o la quasi totalità dei foreign fighter che combattono per l’Isis in Libia infatti è di nazionalità tunisina. Non è un caso che proprio nei campi libici si siano addestrati gli autori degli attentati al museo del Bardo e di Sousse del 2015, come di nazionalità tunisina era anche Noureddine Chouchane, obiettivo principale del raid Usa a Sabratha il 19 febbraio. E non è neanche un caso se la maggior parte dei terroristi che hanno perso la vita nel blitz Usa proveniva da Ben Guerdane.
Per alcuni esperti si tratta di una sorta di “ritorno a casa” dei combattenti tunisini, che dopo il blitz Usa e l’intensificarsi delle azioni antiterrorismo delle milizie di Tripoli si sentirebbero braccati e cercherebbero in patria una via di fuga. Da considerare inoltre che Ben Guerdane è spesso teatro di traffici illeciti e di contrabbando, fenomeni che fanno gola ai terroristi. Problemi che il governo tunisino conosce da tempo, al punto che alcuni esperti si chiedono se la barriera di sabbia e filo spinato costruita al confine serva per difendersi da attacchi esterni oppure per contenere i movimenti in uscita dei terroristi.