Alla luce delle recenti elezioni giamaicane, che hanno visto prevalere Andrew Holness, leader opposizione dei verdi JLP, (Jamaica Labour Party) su PNP (People National Party) dell’ex primo ministro Portia Simpson, il quadro caraibico cambia. E’ stata una vittoria sofferta, 3.000 voti di scarto su una popolazione di oltre tre milioni. Un successo talmente contestato da indurre a un conteggio supplementare, che ha ridotto il divario: 32 seggi JLP contro 31 PNP.
Abbiamo vissuto giorni di estrema tensione; se il risultato fosse stato annullato, sarebbero esplosi focolai di guerra civile; la Giamaica ha una tradizione sanguinosa in tal senso. Entrambe le fazioni armano i ghetti di Kingston, la capitale, Spanish Town e Montego Bay, opponendo bande rivali di narcotrafficanti che, con la scusa della politica, tentano di prevalere gli uni sugli altri. I militari presidiano ancora le strade.
Percorso mediterraneo
Ciò che si evince studiando la storia giamaicana, è il percorso del paese, sulla falsariga del nostro, sotto il profilo politico, economico ed etico. L’influenza di FMI sull’isola caratterizza le scelte in tal senso, come quella dell’Unione Europea indirizza le nostre. Malgrado il surplus primario di 6 miliardi di JA$ (circa 46 ML di euro) sbandierato dalla propaganda governativa, la politica di austerità targata PNP è continuata; il bail-out FMI è di oltre un miliardo e mezzo di dollari, a fronte di restrizioni sui programmi sociali e stretta fiscale sui ceti medi. Cambio alle stelle, 120 JA$ per un dollaro, deficit del 130% sul GDP (Gross Domestic Product, il nostro PIL) disoccupazione al 15%, quella giovanile che sfiora il 40%, tagli su sanità e pensioni. Percentuali e dettagli tristemente familiari. La ricetta salvavita JLP si basa essenzialmente sulle promesse di Holness: 250.000 nuovi posti di lavoro, circa il 30% in più dell’attuale working class; in un contesto basato essenzialmente su bassi salari (meno di 50 euro settimanali quello medio) e l’assenza dei diritti sindacali, le compagnie straniere fanno la parte del leone. I cinesi possiedono le autostrade, e il commercio al dettaglio, dal quale hanno scalzato anche la potente comunità indiana; spagnoli gli hotel all-inclusive, statunitensi le cave di bauxite.
Aumentare la forza lavoro di tali proporzioni, significa accrescere la turnazione dei dipendenti con assunzioni part-time, e precariato fuori controllo, stile Jobs Act. Riguardo fisco, il nuovo premier ha promesso una detassazione del ceto medio, sotto la soglia di 11.500 euro annui. Secondo i calcoli, ciò costerebbe al Budget oltre 26 miliardi di JA$; uno sforamento di 20 sull’avanzo primario. Gli interessi passivi del prestito FMI sono il quadruplo di quanto il governo spende per investimenti pubblici. E superano l’importo dell’ultimo bail out. Solo una volta la Giamaica è riuscita a emanciparsi dal controllo del Fondo; durante il mandato di PJ Patterson, PNP, (1992-2006) il più lungo della sua storia.
Banche a picco
Il percorso speculare con l’Italia, si riflette anche nella deregulation bancaria e le sue conseguenze. Proprio durante la lunga amministrazione Patterson, che aveva ridotto la povertà generale e dato input a strade e investimenti, esplosero scandali inquietanti; il fallimento della CNB (Century National Bank), simbolo della finanza allegra, che l’allora ministro Omar Davies perpetrò con l’emissione di fondi ad alto interesse (20%) garantiti dallo Stato; attraverso la banca, questi legavano al partito i grandi elettori, arricchendoli a scapito del Budget pubblico. Tali fondi furono messi in circolazione nello stock market locale, e rivenduti volta per volta, onde intascare i succosi guadagni. Uno schema di Ponzi che causò il prosciugamento bancario, e la sua successiva caduta nel 1993, gettando nel panico 33.000 tra correntisti e detentori dei titoli.
Il successivo indebitamento che l’intervento statale causò, mise a repentaglio i settori sociali più deboli, di cui il premier aveva migliorato le condizioni. La lezione non fu sufficiente; 3 anni dopo toccò alla Eagle Merchant Bank chiudere i battenti; il colosso nazionale NCB fu invece salvato con l’intervento di Super Plus, la catena di supermarket allora più potente, che ne prese le redini.
“Troppo grande, per cadere”…Montepaschi docet.
Lo scandalo che affossò definitivamente l’immagine del partito, e la sua sconfitta alle elezioni del 2007, fu quello dei cuban bulbs: Cuba regalò alla Giamaica 4 Ml di lampadine; il compito di distribuirle sul territorio tramite “volontari” cubani e locali, fu affidato all’agenzia UMDC, che tra stipendi e alloggi, aveva vinto un appalto con un capitolato inferiore a 50 milioni di JA$. Seguirono successivi finanziamenti, che elevarono la spesa statale a 300 ML. Si sarebbe speso molto meno a comprarle! Nessuno dei responsabili di questi sperperi ha mai pagato per le sue colpe, né politicamente, né a livello giudiziario. Ancora affinità nostrane.
Conclusioni
La Giamaica è oggi il nodo cruciale nei Caraibi, sotto il profilo investimenti esteri. Qua vivono migliaia di residenti stranieri, centinaia sono le famiglie miste, in prevalenza italiane. La Cina, dopo le autostrade, sta monopolizzando il porto di Kingston, con faraonici progetti, ai fini della costruzione di un gigantesco centro commerciale. Una torta nella quale pochi affonderanno le mani.
Foto di Flavio Bacchetta