I corpi di Salvatore Failla e Fausto Piano, uccisi in uno scontro a fuoco in Libia dopo quasi otto mesi di prigionia, arriveranno all’aeroporto di Ciampino questa sera. Anzi no, “forse” domani pomeriggio. Non c’è ancora nessuna certezza sul rientro dei corpi dei due tecnici della Bonatti, rapiti a luglio, e se nel pomeriggio si pensava che atterrassero a Roma in serata, tutto è stato smentito da Tripoli. Le salme “non lasceranno” la città “stasera perché deve essere rispettata una procedura legale. Si spera lascino Tripoli domani pomeriggio”, ha detto all’Ansa un portavoce del governo insediato nella capitale libica, Jamal Zubia. I corpi dei due italiani “adesso sono a Tripoli”, ha confermato Zubia, direttore del dipartimento media stranieri dell’esecutivo.
Un ritardo “imposto dalle autorità libiche” che è “vergognoso” per l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, legale della famiglia di Failla. “Si sta speculando – ha aggiunto – con ferocia sul dolore delle famiglie che sono in attesa a Roma. Sappiamo che le salme sono ancora a Tripoli e che i nostri funzionari stanno facendo di tutto per accelerare le pratiche e riportare in Italia i corpi di Salvatore e Fausto”. Già nel corso della giornata, confusa e contraddittoria, il legale aveva detto di “non sapere nemmeno” se i corpi si trovassero “ancora a Sabrata” o fossero stati “trasferiti a Tripoli. Ci auguriamo che quanto annunciato dal ministro Gentiloni, su un rientro in giornata, venga confermato perché questo ritardo sta assumendo aspetti inquietanti“. Un ritardo destinato ad aggravarsi dopo la comunicazione ufficiale delle autorità di Tripoli.
La famiglia aveva chiesto che il corpo di Salvatore non venisse sottoposto ad autopsia in Libia, richiesta peraltro formalizzata anche dall’Italia, ma non è dato sapere se le salme dei due ostaggi siano già state sottoposte all’esame. In Italia l’autopsia sui due corpi verrà effettuata presso l’Istituto di medicina legale del Policlinico Agostino Gemelli. Il pm Sergio Colaiocco, che si occupa delle indagini per la procura di Roma, affiderà l’incarico per l’esame autoptico al professor Vincenzo Pascali.
Da Sabrata, però, non sono arrivate rassicurazioni. “Come di norma in questi casi, i corpi dovrebbero essere stati sottoposti a un’autopsia e dovrebbe esserci una perizia che li accompagna e che deve essere trasmessa al Procuratore generale per allegarla ai documenti dell’inchiesta”, ha detto ancora Al Zawadi. Alla domanda se potrebbe essersi trattato di una “vera autopsia” o solo di un “esame autoptico“, il sindaco ha risposto: “Questo non posso saperlo”. Il ministro degli Esteri del governo di Tripoli, Ali Ramadan Abuzaakouk, al Corriere della Sera aveva assicurato che “le carte” a Sabratha erano “pronte” per il rimpatrio. Il problema era trovare un mezzo di trasporto sicuro, via mare o in elicottero. Negli obitori locali si trovano i corpi di oltre 30 jihadisti, ma “ovviamente – rassicura – gli italiani hanno la priorità assoluta”.
Il nodo del riscatto – Non è ancora chiaro se per la liberazione degli ostaggi sia stato pagato o meno un riscatto o se la morte di Piano e Failla sia da attribuire anche a un fallimento di parte del piano di riconsegna degli ostaggi. “Se un riscatto è stato pagato senza che le nostre autorità lo sapessero, è stato commesso un atto illegale – ha aggiunto Abuzaakouk – un’entità straniera ha pagato elementi terroristici o criminali senza il nostro consenso e violando la nostra sovranità”, continua il ministro, dicendo di “non avere alcuna idea” se sia stato pagato un riscatto per i tecnici italiani rapiti. “Sarà l’inchiesta a stabilirlo – aggiunge – qui e in Italia”.
L’Huffington Post, però, pubblica una ricostruzione di quanto accaduto e, citando fonti non meglio specificate dell’intelligence, parla chiaramente del piano di versamento del riscatto, poi fallito. Tra l’1 e il 2 marzo i servizi – con la collaborazione della diplomazia e della “rete di contatti” dell’Eni – riescono ad aprire una finestra di 48 ore per la riconsegna dei quattro tecnici. Il giorno fissato per lo scambio è il 1 marzo. Il piano: sarebbero stati riconsegnati a due a due (e da qui deriva la separazione dei quattro) probabilmente in parti diverse della città e da lì condotti all’aeroporto di Mitiga, vicino Tripoli. Ma in quel caso qualcosa – di tipo logistico o di accordo interno al gruppo criminale – va storto.
Secondo giorno, 2 marzo: parte un convoglio con Piano e Failla – sdraiati sul veicolo – “e altre cinque persone tra cui una donna e un bimbo”. Dovrebbero essere tutti avvertiti, milizie comprese: ma a un check point i militari sparano. I due ostaggi muiono, salta tutto e il riscatto viene bloccato. A quel punto la notizia del fallimento del piano arriva anche al covo degli altri criminali che erano rimasti insieme a Pollicardo e Calcagno. Li abbandonano. Loro, come già emerso anche dalle loro testimonianze, riusciranno a liberarsi.
Mondo
Libia, “salme Failla e Piano in arrivo in Italia”. Ma Tripoli rinvia il rientro. Il nodo del riscatto
Rimandato il rimpatrio delle salme dei tecnici. Dubbi sull'autopsia effettuata o meno dai libici. Huffington Post ricostruisce il piano per la consegna degli ostaggi, che avrebbe previsto anche un pagamento, poi saltato
I corpi di Salvatore Failla e Fausto Piano, uccisi in uno scontro a fuoco in Libia dopo quasi otto mesi di prigionia, arriveranno all’aeroporto di Ciampino questa sera. Anzi no, “forse” domani pomeriggio. Non c’è ancora nessuna certezza sul rientro dei corpi dei due tecnici della Bonatti, rapiti a luglio, e se nel pomeriggio si pensava che atterrassero a Roma in serata, tutto è stato smentito da Tripoli. Le salme “non lasceranno” la città “stasera perché deve essere rispettata una procedura legale. Si spera lascino Tripoli domani pomeriggio”, ha detto all’Ansa un portavoce del governo insediato nella capitale libica, Jamal Zubia. I corpi dei due italiani “adesso sono a Tripoli”, ha confermato Zubia, direttore del dipartimento media stranieri dell’esecutivo.
Un ritardo “imposto dalle autorità libiche” che è “vergognoso” per l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, legale della famiglia di Failla. “Si sta speculando – ha aggiunto – con ferocia sul dolore delle famiglie che sono in attesa a Roma. Sappiamo che le salme sono ancora a Tripoli e che i nostri funzionari stanno facendo di tutto per accelerare le pratiche e riportare in Italia i corpi di Salvatore e Fausto”. Già nel corso della giornata, confusa e contraddittoria, il legale aveva detto di “non sapere nemmeno” se i corpi si trovassero “ancora a Sabrata” o fossero stati “trasferiti a Tripoli. Ci auguriamo che quanto annunciato dal ministro Gentiloni, su un rientro in giornata, venga confermato perché questo ritardo sta assumendo aspetti inquietanti“. Un ritardo destinato ad aggravarsi dopo la comunicazione ufficiale delle autorità di Tripoli.
La famiglia aveva chiesto che il corpo di Salvatore non venisse sottoposto ad autopsia in Libia, richiesta peraltro formalizzata anche dall’Italia, ma non è dato sapere se le salme dei due ostaggi siano già state sottoposte all’esame. In Italia l’autopsia sui due corpi verrà effettuata presso l’Istituto di medicina legale del Policlinico Agostino Gemelli. Il pm Sergio Colaiocco, che si occupa delle indagini per la procura di Roma, affiderà l’incarico per l’esame autoptico al professor Vincenzo Pascali.
Da Sabrata, però, non sono arrivate rassicurazioni. “Come di norma in questi casi, i corpi dovrebbero essere stati sottoposti a un’autopsia e dovrebbe esserci una perizia che li accompagna e che deve essere trasmessa al Procuratore generale per allegarla ai documenti dell’inchiesta”, ha detto ancora Al Zawadi. Alla domanda se potrebbe essersi trattato di una “vera autopsia” o solo di un “esame autoptico“, il sindaco ha risposto: “Questo non posso saperlo”. Il ministro degli Esteri del governo di Tripoli, Ali Ramadan Abuzaakouk, al Corriere della Sera aveva assicurato che “le carte” a Sabratha erano “pronte” per il rimpatrio. Il problema era trovare un mezzo di trasporto sicuro, via mare o in elicottero. Negli obitori locali si trovano i corpi di oltre 30 jihadisti, ma “ovviamente – rassicura – gli italiani hanno la priorità assoluta”.
Il nodo del riscatto – Non è ancora chiaro se per la liberazione degli ostaggi sia stato pagato o meno un riscatto o se la morte di Piano e Failla sia da attribuire anche a un fallimento di parte del piano di riconsegna degli ostaggi. “Se un riscatto è stato pagato senza che le nostre autorità lo sapessero, è stato commesso un atto illegale – ha aggiunto Abuzaakouk – un’entità straniera ha pagato elementi terroristici o criminali senza il nostro consenso e violando la nostra sovranità”, continua il ministro, dicendo di “non avere alcuna idea” se sia stato pagato un riscatto per i tecnici italiani rapiti. “Sarà l’inchiesta a stabilirlo – aggiunge – qui e in Italia”.
L’Huffington Post, però, pubblica una ricostruzione di quanto accaduto e, citando fonti non meglio specificate dell’intelligence, parla chiaramente del piano di versamento del riscatto, poi fallito. Tra l’1 e il 2 marzo i servizi – con la collaborazione della diplomazia e della “rete di contatti” dell’Eni – riescono ad aprire una finestra di 48 ore per la riconsegna dei quattro tecnici. Il giorno fissato per lo scambio è il 1 marzo. Il piano: sarebbero stati riconsegnati a due a due (e da qui deriva la separazione dei quattro) probabilmente in parti diverse della città e da lì condotti all’aeroporto di Mitiga, vicino Tripoli. Ma in quel caso qualcosa – di tipo logistico o di accordo interno al gruppo criminale – va storto.
Secondo giorno, 2 marzo: parte un convoglio con Piano e Failla – sdraiati sul veicolo – “e altre cinque persone tra cui una donna e un bimbo”. Dovrebbero essere tutti avvertiti, milizie comprese: ma a un check point i militari sparano. I due ostaggi muiono, salta tutto e il riscatto viene bloccato. A quel punto la notizia del fallimento del piano arriva anche al covo degli altri criminali che erano rimasti insieme a Pollicardo e Calcagno. Li abbandonano. Loro, come già emerso anche dalle loro testimonianze, riusciranno a liberarsi.
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Milano, 19 mar. (Adnkronos)(Adnkronos) - "Suzuki sta attraversando un periodo particolarmente positivo grazie all'andamento in crescita su tutte le aree globalmente coperte dal marchio''. Lo dice Massimo Nalli, Presidente di Suzuki Italia.
L'unica eccezione forse è proprio l'Europa, dove l'instabilità dei regolamenti sta delineando qualche incertezza. In realtà la crescita a livello mondiale è quasi del 4%, e nei primi nove mesi dell'esercizio fiscale - che noi, essendo giapponesi, iniziamo dal primo aprile e lo terminiamo il 31 marzo successivo - abbiamo già raggiunto 2 milioni e 600mila unità vendute, numero che ci colloca nella top 10 dei costruttori mondiali di auto".
"Suzuki ha un feeling con l’Italia - prosegue Nalli - Dal 2013, quando è cominciato il ciclo di rinnovamento di tutta la gamma, Suzuki è sempre cresciuta, sia di volumi che di quota di mercato. Non ha fatto eccezione il 2024, con un incremento che ci ha portati al 2,4% di quota di mercato. Nei primi due mesi del 2025, come dicevo, l'instabilità dei regolamenti europei ha influenzato anche le politiche del quartier generale, che è molto orientato e molto forte su mercati asiatici come il Giappone e soprattutto l'India. Ma siamo ottimisti per il prossimo futuro, sapendo che l'Europa in questo momento sta mettendo mano ai regolamenti”.
“Suzuki non ha una strategia segreta, ma quella che ha sempre dichiarato fin dall'inizio, ovvero cercare di dare al cliente quello che si aspetta, quello che serve per la mobilità – commenta Nalli in merito ai nuovi modelli, anche alla luce della flessione sul mercato italiano – Parliamo quindi di una gamma interamente ibrida: fin dal 2020 Suzuki è l'unico marchio tutto e solo ibrido; e poi, anche per rispettare le normative - perché Suzuki discute le norme ma poi le deve rispettare - il lancio di una vettura elettrica, che si chiama eVitara ed è la Vitara che ci si aspetta dalla Suzuki, ossia un fuoristrada duro e puro in versione elettrica”.
Sulle strategie future, Nalli aggiunge "Suzuki Motor Corporation ha intrapreso una strada multipath, cioè che segue diversi percorsi. L'ibrido sarà la nostra principale soluzione per la mobilità del futuro, unita all'elettrico: questo perché l'Europa ce lo chiede, il pianeta ce lo chiede e di conseguenza seguiamo volentieri le norme in tal senso. Non trascuriamo poi altre soluzioni come quelle dei biocarburanti o dei carburanti sintetici. In particolare Suzuki è molto attiva sul biometano, addirittura ne è produttore per il mercato indiano" conclude il Presidente di Suzuki Italia Massimo Nalli.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Pur di coprire le divisioni della destra, le bordate di Salvini, la patriota Meloni è disposta a irridere i padri della Patria e dell’Europa. Se guida il Governo di una Repubblica democratica è grazie a loro, che dal confino fascista di Ventotene concepivano un sogno di libertà". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri nella segreteria nazionale del Pd.