Siamo giunti all’epilogo di questo video-racconto sul viaggio in Islanda che ha portato alla nascita del nuovo album,“Birth”. Quindi “nascita” o meglio, io direi “rinascita”.
L’Islanda, a partire dalla passione per i Sigur Rós, Ólafur Arnalds e tanti altri, negli anni passati, ha risvegliato in me un’attitudine creativa nuova mettendo in discussione molti standard e stereotipi della forma “pop” o “rock” o chiamatela come volete. Forme dilatate, soundscapes fatti di noise ed archi, arpeggi di piano che spaccano lo stomaco, strutture indefinite, il significato delle parole messo in discussione nell’ hopelandic che è questa lingua inventata da Jónsi. Questa nuova concezione ha segnato la “nascita” di Dardust e la mia rinascita artistica.
Quale posto migliore dell’Islanda per tornare alle origini. Un posto dove la natura si svela in maniera primordiale tra ghiaccio e fuoco. Due elementi opposti che convivono e lottano, esprimendosi nella loro identità. Esattamente come in Dardust.
Ci sono due anime in Dardust, proprio come nel brano manifesto di cui parlavo al capitolo precedente “Slow is the new Loud”, quella “Slow” e quella “Loud”. Due anime opposte che lottano per creare un equilibrio e l’identità di Dardust. Quella legata all’immaginario minimalista pianistico e quella impetuosa come il fuoco che è caratterizzata dall’elettronica che in questo disco abbiamo esasperato, tra crescendi oltre la distorsione, arpeggiatori violenti e rullate impetuose. Non c’era posto migliore che rinascere artisticamente in Islanda. Un posto dove si torna sempre alle origini e un posto dove gli opposti convivono e creano uno spettacolo unico.
Islanda. Fuoco. Ghiaccio = Birth. Loud. Slow. Infondo io e il mio compagno Dardust dobbiamo tutto all’Islanda.
Di Dario Faini – Dardust