Uno dei due killer accusa l'altro di aver usato il coltello. Il 29enne pr nei locali gay di Roma (nella foto) prima di tentare il suicidio ha scritto una lettera nella quale racconta il desiderio di operarsi e gli scontri con la famiglia. Nessun accenno invece all'omicidio dello studente 23enne. Durante il festino a base di cocaina i due assassini hanno inviato 23 sms ad amici e conoscenti per invitarli a quello che poi si è trasformato in una mattanza
Sono pentiti, vogliono collaborare, ma si scaricano le responsabilità l’uno sull’altro. Manuel Foffo e Marc Prato (nella foto), i due ragazzi arrestati per l’omicidio di Luca Varani, ucciso durante un festino a base di alcol e cocaina perché “avevano voglia di capire cosa si prova ad ammazzare”, non sono rimasti in silenzio davanti al gip durante le otto ore di interrogatorio nel carcere di Regina Coeli. Manuel, secondo quanto riportato dal suo avvocato Michele Andreano, ha detto che è stato Prato a dare il colpo finale alla vittima: “Lo ha ribadito oggi con dovizia di particolari: ad usare il coltello è stato Prato. In questa vicenda c’è un contesto sessuale ma il movente non è ancora uscito fuori”. Secondo invece Pasquale Bartolo, legale di Marc Prato, il suo assistito “si è mostrato pentito. In questo momento si sente come può sentirsi un ragazzo che ha appena tentato il suicidio“. In serata il gip Riccardo Amoroso ha fatto sapere che i due presunti killer restano in carcere, ma ha escluso per i due l’aggravante della premeditazione del delitto.
“Esami tossicologici”
Foffo, che ha confessato il delitto sabato, e Prato sono accusati di omicidio premeditato aggravato dalla crudeltà, le sevizie e i futili motivi. Ora dovranno rispondere alle domande del gip Riccardo Amoroso. L’avvocato Michele Andreano, difensore di Foffo, entrando nel carcere romano si è limitato a dire che “come primo atto chiederò l’esame tossicologico per il mio assistito, per valutare il livello di sostanze stupefacenti presenti nel suo corpo. Oggi, comunque, il pensiero va alla famiglia di Varani per la tragedia che li ha colpiti”.
Prato aggredì già un amico
Continuano intanto a emergere nuovi e sempre più agghiaccianti particolari sull’omicidio del 23enne studente universitario che i due, con la promessa di un compenso di 120 euro per un rapporto sessuale, hanno invitato venerdì nella casa al decimo piano di via Igino Giordani, alla periferia est della capitale, dove Foffo viveva. Luca Varani è stata l’ultima, ma non l’unica preda di Marc Prato. La Stampa racconta che già un mese fa il 29enne gay, laureato in scienze politiche alla Luiss, un master a Parigi, e pr nelle discoteche omosessuali della Roma che conta, si è rinchiuso nel suo appartamento di piazza Bologna con un trentenne per sniffare coca. L’amico di Prato viene preso a calci e pugni. Solo l’intervento della madre lo salva. La donna, infatti, preoccupata per la sparizione del figlio, dopo un giro di chiamate agli amici, si rivolge ai carabinieri, che bussano alla porta di Prato: l’unico a non aver risposto al telefono. La vittima sporge denuncia per lesioni personali, ma inspiegabilmente la ritira.
Video di sesso orale tra i due killer
Ma emergono anche nuovi particolari sul legame tra i due killer, saldato dalla cocaina e dalla voglia di uccidere qualcuno. Manuel Foffo e Marc Prato si conoscono al veglione di Capodanno. Una notte di droga durante la quale Marc si è filmato di nascosto mentre fa del sesso orale a Manuel, in modo da ricattarlo. “Quel video mi dava veramente fastidio anche perché io sono eterosessuale”, spiega agli inquirenti Manuel Foffo, 30enne, studente di giurisprudenza fuoricorso, che rivede Marc Prato un’altra volta, prima di mercoledì scorso. Quando, dopo due giorni di alcol e droga, scatta la caccia per cercare qualcuno da uccidere.
A caccia di una preda dopo due giorni di droga
La scelta cade su Varani. Ma è un caso. Al suo posto poteva esserci chiunque. Il 3 marzo i due, fuori controllo per la cocaina, escono dall’appartamento e montano in auto in cerca di una preda. Racconta Foffo: “Quando eravamo in macchina non abbiamo portato a termine la nostra intenzione di fare male a una persona perché non abbiamo trovato nessuno. Lo avremmo forse fatto se avessimo trovato quella persona”.
22 amici scampati al massacro. Sms al fratello: “Vieni, c’è anche un trans”
Tornano allora a casa. Si siedono al tavolino e iniziano a mandare una raffica di messaggi ad amici e conoscenti per invitarli al festino. Contattano anche il fratello di Manuel, Roberto: “Vieni, c’è anche un trans“, ma non è vero. Il ragazzo comunque declina. In tutto inviano 23 sms, ad altrettante potenziali vittime. Solo Luca Varani accetta, forse allettato da quei 120 euro per un rapporto. Non è l’unico però ad essere entrato in quella casa. Racconta ancora Foffo: “Non siamo stati sempre soli. Ricordo che è venuto un mio amico di nome Alex che avevo conosciuto mesi fa in una pizzeria sulla Tiburtina. Aggiungo che è stato presso casa mia anche un certo Giacomo, altro mio amico. Quando invece è arrivato Luca, sia io che Marc eravamo molto provati dall’uso prolungato di cocaina, e quindi non più lucidi“.
“Ti vogliamo pulito, fatti una doccia”. Poi il massacro
Varani “è entrato in casa, ci siamo guardati negli occhi ed è scattato un clic: era lui la persona giusta da uccidere”. Racconta Foffo al pm, come riporta il Corriere. I due killer lo fanno mettere a proprio agio, gli offrono una bevuta “corretta” con qualche droga per stordirlo e poi lo invitano a lavarsi: “Ti vogliamo pulito, fatti una doccia”. Quando esce, mezzo nudo, Marc – racconta sempre Foffo – dice a Luca: “Abbiamo deciso di ucciderti”. Varani viene reso inoffensivo e subito torturato con coltelli e un martello. L’agonia dura ore. Viene sgozzato prima di essere ucciso e con tutta probabilità non urla né chiede aiuto per le lesioni alle corde vocali. Decine di ferite fino all’ultima, decisiva, al cuore. Gli inquirenti trovano il giovane con il coltello ancora conficcato nel petto. Sarà il medico legale ad estrarlo. Dopo aver ucciso, racconta Foffo, i due amici dormono a fianco del cadavere per circa sei ore. Poi, nel pomeriggio di venerdì, lasciano la casa ed escono per liberarsi degli abiti sporchi di sangue e del telefono cellulare della vittima.
La lettera di Prato: “Voglio diventare donna”
Quella sera Prato si fa lasciare davanti a un albergo in zona piazza Bologna, dove il giorno dopo cerca di farla finita ingerendo un mix di alcol e barbiturici. Il motivo del suicidio lo spiega in sette pagine di messaggi e lettere, rivela Il Messaggero. Fogli scritti di getto mentre ingerisce un’intera boccetta di Minias, un ansiolitico che era stato comprato qualche giorno prima da Manuel Foffo. Un lungo sfogo nel quale il 29enne racconta il desiderio di operarsi per diventare donna e gli scontri con la famiglia che si oppone. Non fa invece nessun accenno al massacro: nessuna parola per Luca Varani, nessun segno di pentimento. Mentre Prato scrive quello che doveva essere il suo “testamento”, il complice Foffo torna nella casa della mattanza e dorme su un divano a pochi metri dal corpo di Varani.
Foffo: “Avevo già avuto l’intenzione di fare del male a qualcuno”
Il giorno dopo, sabato, si è confida con il padre che lo convince a costituirsi. E’ stato Foffo a portare i carabinieri nella casa dove il corpo martoriato di Varani giaceva da un giorno e mezzo. Nelle sei ore di interrogatorio seguite alla confessione, Foffo spiega di aver avuto in passato istinti omicidi: “Avevo avuto l’intenzione di far del male a qualcuno. Non so come questa idea maturava tra me e me. Anche se ho avuto il pensiero in passato, lo stesso è rimasto tale e non ho mai pensato che potesse concretizzarsi”. Invece accade.