Tredici gli arresti. Le accuse, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata alla concussione e corruzione anche in atti giudiziari. È stato un professionista a rompere il circolo vizioso: vessato dalle continue richieste, infatti, ha rivelato agli investigatori l'esistenza dell’organizzazione
Le cricche non finiscono mai. Questa volta quella svelata dagli uomini della Guardia di Finanza era formata da funzionari pubblici, compresi giudici e professionisti che a Roma pilotavano l’esito dei ricorsi tributari dietro il pagamento di compensi. Tredici gli arresti. Le accuse, a vario titolo, sono associazione a delinquere finalizzata alla concussione e corruzione anche in atti giudiziari.
Il sistema messo in piedi, secondo gli investigatori delle Fiamme Gialle, era noto solo agli addetti ai lavori ed era così rodato da garantire ai contribuenti che si rivolgevano alla cricca il pieno successo nei ricorsi contro il Fisco.
È stato un professionista a rompere il circolo vizioso: vessato dalle continue richieste, infatti, ha rivelato agli investigatori l’esistenza dell’organizzazione. Il resto lo hanno fatto le indagini dei finanzieri della compagnia di Velletri, coordinati dalla procura di Roma: è così emersa una rete di relazioni tra alcuni infedeli giudici tributari, dipendenti, anche in pensione, dell’Amministrazione Finanziaria – civile e militare -, avvocati, consulenti e commercialisti. Una rete che aveva come obiettivo quello di “sterilizzare con ogni mezzo, l’attività di accertamento del Fisco”.
In sostanza, i contribuenti, dopo aver pagato ingenti somme di denaro o fatto regali di vario genere agli appartenenti alla cricca, ottenevano indebiti sgravi di imposte dagli uffici dell’agenzia delle entrate o riuscivano a vincere i ricorsi promossi davanti alla Commissione tributaria regionale e provinciale di Roma contro gli atti di accertamento conseguenti alle verifiche subite dal Fisco.
Le Entrate hanno precisato che nessuna delle persone coinvolte è attualmente dipendente dell’amministrazione: uno degli indagati è in pensione dal giugno 2010, gli altri due “sono stati licenziati senza preavviso dall’Agenzia, rispettivamente nel 2013 e nel 2015, in seguito a indagini interne che si erano concluse con l’adozione di diversi provvedimenti disciplinari”.