Secondo quanto scrivono i giudici costituzionali, le richieste di referendum per gli altri due quesiti sono state bocciate perché "non è stata espressa la volontà di sollevare detti conflitti da almeno cinque dei Consigli regionali che avevano richiesto il referendum prima delle modifiche legislative sopravvenute"
Inammissibili. Una pronuncia nel metodo e non nel merito quella della Consulta. Che ha deciso: i ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promossi dalle Regioni sulla questione delle trivellazioni non possono essere ammessi dalla Corte Costituzionale. I ricorsi riguardavano il piano delle aree e il regime delle concessioni ed erano proposti nei confronti del Presidente del Consiglio, del Parlamento e dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione. Secondo quanto scrivono i giudici costituzionali, le richieste di referendum per gli altri due quesiti sono state bocciate perché “non è stata espressa la volontà di sollevare detti conflitti da almeno cinque dei Consigli regionali che avevano richiesto il referendum prima delle modifiche legislative sopravvenute”.
I ricorsi erano stati avanzati da sei Consigli Regionali – Basilicata, Puglia, Liguria, Marche, Sardegna, Veneto – che sono tra le Regioni che sostengono l’unico referendum che ha già avuto il via libera e che si terrà il 17 aprile: quello sulla durata delle concessioni per le trivellazioni entro le 12 miglia marine. Le Regioni avevano presentato altri quesiti referendari, che però non hanno avuto il via della Cassazione. Hanno quindi tentato di farne rivivere due, quello sul piano delle aree e quello sulle proroghe delle concessioni, attraverso due ricorsi per conflitto d’attribuzione di fronte alla Consulta. Per sostenere questo passaggio, un Consiglio Regionale, quello del Veneto, ha votato per delegare in tal senso il rappresentante delle Regioni nel comitato referendario, ritenendo implicita che analoga era la volontà anche delle altre Regioni, sebbene senza un voto del Consiglio. “Voto che non c’è stato perché mancavano tempi tecnici per le convocazioni e i passaggi nelle commissioni per tutte le Regioni”, spiega il presidente del Consiglio della Basilicata, Piero Lacorazza, che considera “negativo l’esito di oggi sui conflitti, pur nel rispetto della decisione della Corte”. Ma il solo voto del Veneto non è bastato, anche perché a richiedere un referendum devono essere almeno 5 Consigli regionali.
La decisione odierna della Corte Costituzionale, ovviamente, non modifica in nessuna maniera e non incide nel referendum in programma il prossimo 17 aprile, quando gli italiani saranno chiamati a dire la loro sull’unico quesito ammesso al voto, ovvero quello sulla durata delle concessioni. Intanto le Regioni Puglia e Veneto depositeranno domani – a quanto apprende l’Ansa – due ricorsi in via principale per impugnare di fronte alla Corte Costituzionale le norme in materia di trivellazioni sul piano aree e sulle proroghe delle concessioni. I ricorsi in via principale, già notificati, saranno presentati dalle due Regioni su mandato dei presidenti e delibera di giunta.