“Chi attacca il Made in Italy attacca l’Italia”. La produzione agricola italiana è bistrattata, secondo chi di tale produzione si occupa, dai luoghi comuni lesivi e dalla massiccia concorrenza a buon mercato. Sono migliaia gli agricoltori che da tutto il Sud Italia si sono dati appuntamento oggi a Catania, per manifestare impugnando le bandiere di Coldiretti in difesa della produzione agricola italiana, che proprio oggi vive l’ultima minaccia: il voto in seduta plenaria con il quale i 28 stati membri del Parlamento Europeo si apprestano a dare parere positivo all’ingresso senza dazi di 70.000 tonnellate di olio tunisino sul mercato Ue. “L’agricoltura Made in Italy – è la denuncia dell’associazione dei coltivatori diretti – rischia di perdere i prodotti simbolo: dalla arance ai mandarini, ma anche i pomodori, il grano e l’olio sotto attacco delle politiche comunitarie, delle distorsioni di mercato e delle agromafie“.
“La mobilitazione – si legge nella nota diffusa da Coldiretti Sicilia – prende il via nel giorno del via libera definitivo dell’Unione Europea all’accordo che consente l’ingresso senza dazi di 35.000 tonnellate di olio di oliva dalla Tunisia in più che non aiuta i produttori tunisini, danneggia quelli italiani ed aumenta il rischio delle frodi a danno dei consumatori Ci sono numerosi trattori e cartelli che chiedono “subito l’etichettatura di origine degli alimenti”. Alla manifestazione prendono parte anche il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ed il Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti. Oltre ai trattori e agli striscioni di protesta, campeggiano a Catania anche degli stand allestiti mostrare l’inganno del falso Made in Italy, per preparare la vera spremuta italiana e denunciare la strage delle arance ed anche per presentare una “collezione” dei più scandalosi prodotti agroalimentari commercializzati all’estero con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose, sfruttati per fare business a danno dei veri prodotti agroalimentari Made in Italy. A fare del malaffare italiano un brand sfruttando l’onda lunga del facile cliché sono i produttori di tutto il mondo. C’è – denuncia la Coldiretti – il caso delle noccioline piccanti Chilli Mafia, ma anche quello delle salse belghe Sauce Maffia. Ci sono poi le Sauce Maffioso, realizzata a Diest, nelle Fiandre, e commercializzata con il marchio The Smiling Cook e le spezie, vendute in Germania, con il nome Palermo Mafia shooting in Germania o la salsa piccante Wicked Cosa Nostra in Missouri e il bulgaro Caffè Mafiozzo. E ancora: l’elenco comprende il vino della Napa Valley Il Padrino e il sugo piccante rosso sangue Wicked Cosa Nostra del Missouri, fino alle spezie Palermo Mafia shooting della Germania. E su internet è possibile acquistare il libro di ricette The mafia cookbook, comprare caramelle sul portale www.candymafia.com o ricevere i consigli di mamamafiosa (www.mamamafiosa.com) con sottofondo musicale a tema.”Un oltraggio all’Italia”, afferma la Coldiretti.
“Ma c’è anche chi – riferisce la Coldiretti – sfruttando la fama della saga cinematografica “Il Padrino”, nel paese siciliano che ha tristemente legato il suo nome alla mafia, ha messo in vendita un vino. Il marchio Mafia viene peraltro usato “a raffica” nella ristorazione internazionale per fare affari come nel caso della catena di ristoranti “La Mafia” diffusa in Spagna che fa mangiare i clienti sotto i murales che ritraggono i gangsters più sanguinari (da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone), mentre praticamente ovunque, dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia si trovano ristoranti e pizzerie “Cosa Nostra” mentre a Phuket in Tailandia c’è addirittura un servizio take away”.
Non solo sfruttamento della criminalità organizzata come marchio: la contraffazione dei prodotti italiani va dal falso vino Marsala della California a quello prodotto in Germania, dalla salsa di pomodoro siciliana fatta in Svizzera alla improbabile caponata prodotta negli Stati Uniti. Oggetto di italian sounding è anche la pasta con i “chapagetti” prodotti in Corea o l’”Italiano pasta” proveniente dall’Egitto o i “bucatini” diffusi dall’Argentina. Ed anche il limone, vanto dell’agrumicoltura della Trinacria, viene arditamente contraffatto in un Sicilia “succo di limetta” commercializzato in Svizzera. Ma ci sono anche – conclude la Coldiretti – il “pecorino crotonese” del Canada, la “mortadela siciliana” fatta in Spagna e la “salame calabrese” Made in Usa.