Diverse proposte firmate da deputati di tutti gli schieramenti prevedono un corposo credito di imposta per gli intermediari che non distribuiscono i profitti ma li reinvestono, danno almeno il 30% dei crediti a organizzazioni non profit o imprese sociali e per decidere se concedere i finanziamenti tengono conto anche degli aspetti sociali e ambientali
Sconti fiscali agli operatori bancari di finanza etica. A chiederli è uno schieramento bipartisan di deputati che ha presentato diversi emendamenti ad hoc al decreto Banche, ora all’esame della commissione Finanze della Camera che giovedì dovrebbe esprimersi sull’ammissibilità delle circa 400 richieste di modifica depositate.
Le proposte, i cui firmatari vanno dal Pd alla Lega, prevedono che vengano riconosciute corpose agevolazioni fiscali agli intermediari finanziari che rispettano alcune condizioni. In particolare devono “svolgere una valutazione anche di carattere sociale e ambientale per i finanziamenti erogati a persone giuridiche”, dare “evidenza pubblica dei finanziamenti erogati a persone giuridiche”, “dedicare a organizzazioni no profit o imprese sociali almeno il 30% del proprio portafoglio crediti”, “non distribuire profitti, ma reinvestirli nella propria attività”, avere una “governance a forte orientamento democratico e partecipativo” e avere “politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca, il cui rapporto comunque non potrà superare il valore di 10″.
A chi corrisponde all’identikit, stando all’emendamento, dovrà essere riconosciuto un credito d’imposta del 7,5% sulle entrare registrate grazie alle attività nel no profit e cioè “pari alla differenza tra l’ammontare delle imposte sul reddito d’impresa applicate nella misura del 27,5 per cento sui proventi derivanti dagli impieghi creditizi effettuati a favore di organizzazioni non profit o imprese sociali e la stessa imposta calcolata nella misura del 20 per cento”.