“Cos’è una strage? Sono tanti piccolissimi pezzi di vetro che ti si infilano nel corpo. Entrano nella tua carne e ci restano conficcati per anni. Escono poco alla volta, ogni giorno. Ogni volta che ne esce uno tu ricordi quel momento, ricordi il buio della galleria, il silenzio rotto dalle urla dei feriti, la disperazione di una madre che cerca sua figlia in mezzo ai rottami del treno”.
Alcuni dei sopravvissuti hanno parlato per la prima volta dopo 30 anni.
Loretta Pappagallo viaggiava da sola per lavoro. Per quasi trent’anni ha rimosso l’accaduto, cercando di dimenticare tutto, come se fosse stato un incidente. Oggi ha trovato la forza di assistere al processo a Riina, e tra i banchi dell’aula cerca di mettere alla prova i suoi ricordi.
Antonio Calabrò è stato tra i feriti più gravi nell’esplosione, e fin da subito si è impegnato come presidente dell’Associazione Familiari delle vittime per la ricerca della verità. Essere stato tra la vita e la morte gli ha lasciato nel corpo molti segni, ma anche uno sguardo sereno e leggero sull’esistenza.
Alessandro e Gianpasquale Serino erano due bambini di dieci e dodici anni in viaggio con la madre per le vacanze: il loro universo infantile si spezza quel giorno, e mentre Gianpasquale deve affrontare una lunga degenza ospedaliera per le ferite riportate, Alessandro, che esce incolume dal tunnel, si domanda “io perché no?”. I due fratelli crescono e non parlano più tra di loro di questo episodio per trent’anni, fino ad oggi.