L’Egitto cambia strategia. Gli inquirenti italiani che indagano sull’omicidio di Giulio Regeni sono stati invitati al Cairo al fine di essere informati “degli ultimi sviluppi investigativi relativi alla morte” del ricercatore universitario originario di Fiumicello, in Friuli. Lo ha comunicato il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Nell’accogliere l’invito, il procuratore ha annunciato che l’incontro “sarà organizzato a breve”.
L’invito è stato fatto dall’ambasciatore egiziano a Roma, Amr Helmy, nel corso di un incontro tenutosi nell’ufficio dello stesso Pignatone, a nome del procuratore generale della Repubblica Araba d’Egitto, Nabil Ahmed Sadek. La trasferta dei pm romani al Cairo è finalizzata anche a “individuare ulteriori modalità di collaborazione – aggiunge Pignatone – tra le due autorità giudiziarie nell’interesse dei rispettivi Paesi”.
Il caso fa sentire il proprio riverbero anche all’Europarlamento. L’assemblea plenaria ha approvato praticamente all’unanimità (588 sì, 10 no, 59 astenuti) una risoluzione bipartisan presentata da tutti i gruppi (tranne lo Efn di Le Pen e Salvini) che “condanna con forza la tortura e l’assassinio del cittadino europeo Giulio Regeni” in Egitto. Il Parlamento “chiede” al Cairo di “fornire alle autorità italiane tutti i documenti e le informazioni necessarie” per l’inchiesta e sottolinea con “grave preoccupazione” che il caso Regeni “non è un incidente isolato”.
I deputati europei invitano il Capo della politica estera UE Federica Mogherini a “intrattenere scambi regolari con i difensori dei diritti umani” e garantire sostegno ai detenuti e altri soggetti a rischio. Il servizio diplomatico dell’Unione (il Servizio europeo per l’azione esterna – SEAE) e gli Stati membri sono invitati a sollevare con il governo egiziano la questione delle sparizioni forzate e del ricorso abituale alla tortura e a definire, in stretta consultazione con il Parlamento europeo, una tabella di marcia sulle misure concrete che le autorità egiziane dovranno adottare per migliorare la situazione dei diritti umani nel Paese. Infine, i deputati europei chiedono ai Paesi Ue di sospendere la vendita di apparecchiature di sorveglianza qualora sia dimostrato che tali apparecchiature siano utilizzate per violare i diritti umani.